Non mi appassiona affatto il dibattito sul capoluogo della nuova macroprovincia Picena. Credo sarà l’ennesima occasione per la politica locale per azzuffarsi su campanili e nominalismi. Perfetto per non affrontare i problemi veri, per i titoli dei giornali locali da qui alle elezioni. Quello che a me interessa è l’assetto futuro dei servizi. Se ho capito bene, credo giustamente, Monti ha previsto di concentrare il ruolo della Provincia sulla gestione del territorio e dell’ambiente. Cosa ce ne facevamo infatti degli Assessori Provinciali alla Cultura? E quanti sprechi nella formazione professionale e gli altri rivolini della spesa? Suggerirei allora di cominciare a ragionare sul dimensionamento e sui compiti delle funzioni che rimarranno all’ente e di quello degli uffici territoriali dello Stato. Farei un bilancio proforma e una pianta organica della macroprovincia, evidenziando come e quando ricollocare il personale in eccesso e su quali risorse, specie per investimenti, si possa ragionevolmente contare. Avvierei anche una riflessione su una comune identità storica e territoriale, visto che siamo Piceni, con dialetti simili o uguali, eredi della marca e dell’arcidiocesi fermana (senza che questo significhi rivendicare una spocchiosa primazia). POI mi porrei il problema delle sedi, condividendo prima i criteri e poi mettendo mano alle mappe, non prima di aver scandagliato tutte le possibilità che la tecnologia oggi offre di fare le cose in remoto, senza respirare la polvere degli uffici. Potrebbe essere allora l’occasione di pensare un ente provincia nuovo, realmente più accessibile ai cittadini, che ci costi meno dando più servizi. Chi lo deve fare? I tre Presidenti in primo luogo. Che si vedano e traccino l’agenda di un percorso di convergenza. Ma la tentazione di organizzare le barricate in casa sarà troppo forte.
Luca Romanelli