Nella società che cambia rapidamente come mutano le metotodologie educative e didattiche? Siamo ancora postmoderni (pensiero debole) o stiamo per diventare "neo realisti", ritornando al pensiero forte? Il filosofo Vattimo (postmoderno) ha sempre coltivato una filosofia attenta ai problemi della società: un pensiero che interpreta la storia dell’emancipazione umana come una progressiva riduzione della violenza e dei dogmatismi, a favore di un superamento delle ingiustizie sociali che da questi derivano. Vattimo ha ripreso la tesi del Lyotard. “Quello di Lyotard era un rapporto sul sapere contemporaneo. In esso si prendeva atto della fine delle metanarrazioni, cioè della crisi delle dottrine che avevano cercato di affermare una visione unitaria della realtà, soprattutto l’illuminismo, l’idealismo e il marxismo. Di fronte alla frammentazione e alla pluralità dei linguaggi e dei saperi che ne scaturiva il suo atteggiamento era positivo, non di chiusura”. Dal 2011, il filosofo FERRARIS, discepolo di Vattimo, così si rivolge al maestro: “Gli ultimi anni hanno insegnato, mi pare, una amara verità. E cioè che il primato delle interpretazioni sopra i fatti, il superamento del mito della oggettività, non ha avuto gli esiti di emancipazione che si immaginavano illustri filosofi postmoderni come Richard Rorty o tu stesso. Non è successo, cioè, quello che annunciavi trentacinque anni fa nelle tue bellissime lezioni su Nietzsche e il "divenir favola" del "mondo vero": la liberazione dai vincoli di una realtà troppo monolitica, compatta, perentoria, una moltiplicazione e decostruzione delle prospettive che sembrava riprodurre, nel mondo sociale, la moltiplicazione e la radicale liberalizzazione (credevamo allora) dei canali televisivi. Il mondo vero certo è diventato una favola, anzi è diventato un reality, ma il risultato è il populismo mediatico, dove (purché se ne abbia il potere) si può pretendere di far credere qualsiasi cosa. … ….se il potere è menzogna e sortilegio ("un milione di posti di lavoro", "mai le mani nelle tasche degli italiani" ecc.), il realismo è contropotere: "il milione di posti di lavoro non si è visto", "le mani nelle tasche degli italiani sono state messe eccome". È per questo che, vent’anni fa, quando il postmoderno celebrava i suoi fasti, e il populismo si scaldava i muscoli ai bordi del campo, ho maturato la mia svolta verso il realismo (quello che adesso chiamo "New Realism"), posizione all’epoca totalmente minoritaria. Ti ricorderai che mi hai detto: "Chi te lo fa fare?". Bene, semplicemente la presa d’atto di un fatto vero…” Quali le influenze di questa nuova visione sulla didattica e sull’educazione? Il costruttivismo deriva dalla visione del postmodernismo: se la conoscenza è legata al contesto ed all’attività dell’individuo, non c’è mai un solo modo giusto di fare qualcosa, non esistono quindi procedure di insegnamento fisse, meccaniche e standardizzate. L’approccio costruttivista offre all’insegnante, una struttura teorica dalla quale ricavare alcune importanti indicazioni sul significato dell’apprendere, sul cosa insegnare e come farlo e, di non secondaria importanza, cosa è opportuno evitare. Già dagli inizi del nuovo millennio sono stati pubblicati testi e articoli che hanno proposto vie post-costruttiviste non tanto e non sempre opposte alla corrente precedente, ma tali da favorirne un superamento che ne recepisca alcuni aspetti (il ruolo del soggetto nell'apprendimento), ma ne evidenzi i limiti. S possono riportare tali limiti secondo Begg (in essi si nota una connessione con l'ipotesi neorealista): – l’impossibilità di evitare risultati indesiderabili nella costruzione di conoscenza; – l’influenza della cultura dominante nel settore dell’istruzione e sulla struttura della conoscenza; – la sottovalutazione dell’accoppiamento strutturale tra insegnanti e studenti; – l’interesse per l’aspetto cognitivo della conoscenza e la sottovalutazione del ruolo del corpo; – l’assenza di collegamenti espliciti tra il costruttivismo e le teorie dell’apprendimento proposte dalle scienze cognitive e dalla biologia neuronale (Begg, 2000, p. 2). Dal manifesto del neorealismo di Ferraris si possono evidenziare due frasi: "un reale che sta fuori degli schemi concettuali" e una realtà in cui "a un certo punto c’è qualcosa che ci resiste". Quali visioni della didattica ne derivano? Oltre lo schema concettuale del docente, nell’interazione insegnamento-apprendimento emerge l'evento che sembra avere una sua autonomia. L’insegnamento-apprendimento diviene uno spazio/ tempo auto-poietico parzialmente indipendente dalle singole soggettività, frutto della interazione delle stesse e dei due processi che in essa si intrecciano (Come approfondito in "Didattica enattiva" Franco Angeli). Questa autonomia dell'azione, questo reale che è fuori dagli schemi concettuali va sicuramente compreso anche perché dalla comprensione dell'azione può emergere la comprensione dei processi che in essa si dipanano. L'analisi delle interazione in classe sembra a volte evidenziare la co-emergenza di un mondo che non deriva dalla volontà e dalla progettazione a monte del docente o dalla costruzione autonoma dello studente. Co-emerge nell'azione stessa, nella dialettica tra i vari attori e nel rapporto dinamico che hanno con il mondo. E ciò si connette alla continuità mente-corpo-artefatto-mondo che è alla base dell'enattivismo (Secondo l'enattivismo, la mente è dipendente o identica con le interazioni tra il mondo e i soggetti). Se con le neuroscienze la mente è riconnessa la mondo e al reale, la continuità mente-mondo, da leggere nei due sensi, propone un nuovo realismo che a differenza dei precedenti non vede più l'osservatore esterno e estraneo all'ambiente stesso. Come rinnovare e migliorare dunque il mondo dell’educazione e quindi le istituzioni scolastiche? Alcune risposte: far circolare informazione ma lasciando perdere la televisione, far riferimento ai bei nomi della cultura come Margherita Hack, Umberto Eco..etc, far leggere buoni libri. L’idea fondamentale è che l’educazione linguistica sia un pilastro per l’educazione tutta e anche per l’interazione multiculturale. Insieme a questa ha cominciato a camminare la convinzione che una parte dello studio linguistico possa essere utilmente fatto guardando ai processi educativi nella scuola e al ruolo che il linguaggio ha nel gioco di questi processi educativi, e poi contribuendo a elaborare proposte critiche e innovative. Margherita Bonanni