La morte a soli 36 anni di Wolfgang Amadeus Mozart ha dato luogo alle ipotesi più disparate: da quella dell’avvelenamento da parte del maestro Salieri, invidioso ed ossessionato dalla forte e dirompente personalità musicale dello stesso Amadeus, all’errore dei suoi medici curanti, evento questo peraltro inevitabile dato il basso livello di conoscenza della medicina nell’epoca, a quella della malattia cronica complicata da un evento acuto, ipotesi questa che percorreremo nella dissertazione dell’argomento. Mozart nacque il 27 Gennaio 1756 a Salisburgo ed ereditò dal padre Leopold, noto violinista, non solo le doti musicali, ma anche l’arguta intelligenza, la capacità di osservazione, la perseveranza e l’impegno nel lavoro. Il genio di Mozart comincia ad esprimersi quando alla tenera età di appena 4 anni impara rapidamente a leggere la musica e suonare violino e pianoforte che diventano i suoi giocattoli preferiti ed alla stessa età compone il suo primo “concerto per clavicembalo” divenendo così il perno della famiglia. Il sogno del padre Leopold col fiuto del vero impresario diventa quello di portar via il figlio da Salisburgo e quando Wolfgang raggiunge i 6 anni viene condotto con la sorella Marianne, anche lei dotata di una eccezionale musicalità, in giro per l’Europa, nei salotti e nei teatri più importanti e più volte alla corte imperiale di Maria Teresa d’Austria, presentandolo come ragazzino prodigio che sbalordisce il pubblico con le eccezzionalità del bambino/spettacolo, vero e proprio fenomeno da baraccone: oltre che eseguire melodie difficilissime, riusciva ad accompagnare le sinfonie al pianoforte con la tastiera coperta con un panno o rieseguire all’istante e scrivere partiture di sinfonie appena ascoltate per la prima volta. Ma in questo peregrinare senza sosta i bacilli rappresentano una minaccia reale, sono sempre in agguato e così a Linz il giovane Mozart ammala di “un’affezzione catarrale” e poco dopo a Vienna di scarlattina da cui guarisce, ma le cui tossine continueranno lentamente, per anni a minare il suo fisico, esplicando i loro nefasti effetti sui reni. Leopold però non ha tempo di preoccuparsi della salute del figlio e torna a Salisburgo dove Wolfgang si ammala di reumatismo articolare. Lo strapazzo dei viaggi in carrozza da una città all’altra, i frequenti cambiamenti di clima ed alimentazione non mancano di mettere a dura prova un organismo già minato e debole e provocano malanni vari che il padre Leopold tenta di curare con intrugli quali la Soluzione di Schwartz (a base di mirra, lombrichi, cuore di rana ed altre sostanze disgustose) o la Polvere di Marck Grafen (miscuglio di carbonato di magnesio, radice di peonia ed iris, vischio e polvere di avorio). Scrive Leopold: “il mio caro Wolfgang è stato colpito da catarro con un mal di gola da soffocare … qui i medici vogliono convincermi ad inoculare il vaiolo, ma io lascio questa possibilità a Dio: solo Lui può far vivere questo miracolo della natura, così come lo ha mandato sulla terra” . E così continuano i frenetici viaggi, ma a Vienna Mozart ammala prima di Tifo addominale e poi di Vaiolo, terribile malattia che riuscirà a superare, ma di cui porterà i segni sul viso per tutto il resto della sua vita ed a tredici anni intraprende il suo primo viaggio in Italia, ben sopportando i lunghi trasferimenti in diligenza con tappe a Roma, Napoli, Bologna, Milano e Loreto: tra una esibizione e l’altra a Bologna trova il tempo di comporre “Mitridate Re del Ponto”, conosce i più importanti musicisti italiani dell’epoca ed a Roma offre ancora prova della sua eccezionale memoria musicale riuscedo a trascrivere l’intera partitura del Miserere di Allegri avendolo ascoltato soltanto una sola volta. Dopo i viaggi in Italia a sedici anni Mozart viene colpito da ascessi dentari che gonfiano il suo viso e, dopo un attacco di “Eritema nodoso” (chiazze dolenti a carico degli arti accompagnate da febbre), da ricorrenti crisi di “Reumatismo articolare” con conseguenti deformità delle ossa, ginocchia, caviglie e mani, tanto che di lui scrive Beethoven: “Ha le mani talmente deformi che non riesce a tagliarsi da solo la carne”. Se Mozart da piccolo viene descritto come bambino carino, dolce e simpatico, altrettanto non si può dire nell’età adulta: a venti anni infatti non ha proprio l’aspetto di un Adone in quanto alto poco più di un metro e mezzo, dal fisico tozzo e corpulento con occhi chiari, capelli biodo cenere, viso pallido, giallastro e butterato dagli esiti del vaiolo, evidenti segni di rachitismo con bozze frontali sporgenti, naso arcuato e mani deformi. Scrivono inoltre di lui: “E’ piccolo, nasutissimo, dallo’occhio stupido, dalla figura mediocre ed anche miope”. Nell’età adulta, con l’avvento di notorietà e fama, lo stile di vita di Mozart si fa via via sempre più sregolato, così come la sua alimentazione che più che da buongustaio è da vero e proprio crapulone: salsicce, crauti, trote, storione, lardo ed altre succulenti leccornie fanno da base al suo pasto quotidiano, beve, fuma la pipa, eccede nei caffè che aveva apprezzato nei suoi viaggi in Italia, ma la “Malattia reumatica”, questa terribile affezione causata dallo Streptococco beta-emolitico che, come dicevano gli antichi maestri della medicina, “accarezza le articolazione e morde reni e cuore”, iniziata nel nostro illustre paziente con le tonsilliti infantili e proseguita poi con l’eritema nodoso ed il reumatismo articolare migrante, seguita il suo inesorabile percorso. Intorno ai trenta anni infatti Mozart comincia a manifestare i primi segni della glomerulonefrite con insufficienza renale secondaria e nel Settembre del 1791 è costretto a letto, edematoso, gonfio, anasarcatico al punto che non si alza né riesce a girarsi, ma continuerà a lavorare per ultimare la messa di Requiem. Al suo capezzale il medico personale, dottor Klosset, , tenta eroiche terapie con Acqua tofana (soluzione a base di arsenico) e Preparati mercuriali, ma le sue condizioni si aggravano sempre più: “non durerò a lungo, ho il sapore della morte nella lingua” dice di sé, ma nonostante tutto continua a lavorare finchè nel Novembre viene colto da una intensa debolezza che lo costringe nuovamente a letto, ricompaiono i gonfiori alle gambe, cefalea, insonnia, vomito ed una enorme tumefazione dell’addome. Il dottor Sallaba, primario dell’Ospedale di Vienna, chiamato a consulto, prescrive applicazioni di impacchi freddi, improbabili pozioni ed i soliti, infallibili, presunti miracolosi salassi. La situazione precipita rapidamente e la sua vita si chiude inesorabilmente il 5 Dicembre dello stesso anno sulle pagine incompiute del Requiem. Paolo Signore