Il dipinto “Ritratto di Monna Lisa Gherardini Del Giocondo (La Gioconda)” viene non a torto considerato come l’opera pittorica dell’antichità più completa e conosciuta al mondo e non finisce mai di trasmettere, ogni volta, sensazioni ed emozioni diverse ed accattivanti: il quadro, iniziato da Leonardo nel 1503 e mai terminato secondo l’opinione dello stesso autore, rappresenta la nobildonna fiorentina Monna Lisa Gherardini, moglie di Francesco Zanobi Del Giocondo che, sembrerebbe, non commissionò l’opera la quale, invece, sarebbe stata ordinata da Giuliano de’ Medici che di Monna Lisa ne era l’amante. Muovendo nella lettura dell’opera dal volto che è posto in alto ed al centro della formella, è possibile avvertire nell’insieme dei suoi tratti somatici, attraverso il suo contorno ovoidale, la depilazione di parte dei capelli appena al di sopra della fronte, i passaggi di chiaro-scuro in prossimità di guance, mascelle e mento un carattere quasi androgeno della donna, un aspetto mascolino per cui, da alcuni critici ed autori, è stato anche ipotizzato che la figura dipinta da Leonardo in realtà potesse essere stato un uomo: nei fatti sicuramente non fu così (alla luce anche dell’attribuzione fatta dal Vasari nel 1550 che, per primo, intitolò l’opera col nome di “Monna Lisa”), ma, indubbiamente, l’omosessualità di cui Leonardo era per così dire “affetto” deve aver giocato un ruolo importante, se pur inconsapevole e subliminale, nella realizzazione pratica e nel determinismo materico di quei caratteri sessuali secondari maschili indubbiamente ed evidentemente presenti nel ritratto di Monna Lisa. Dice di Leonardo il Vasari: “Era di bella persona, proporzionata, graziata et di bell’aspetto, piacevole alle conversazioni, che tirava a sé li animi delle genti” : Leonardo era infatti un bell’uomo, intelligente, simpatico, affabile e buontempone, ma non frequentava mai donne ed amava circondarsi di giovanetti di rara bellezza come Gian Giacomo Caprotti che assume al suo servizio ed accoglie in casa all’età di dieci anni e che, con lui, convive per ventisei anni ancora (“Gian Giacomo – scrive di lui il Vasari – è un bel bambino dai capelli ricci, nel quale Leonardo trova grande soddisfazione”) o Iacopo Saltarelli, orafo, ben noto a Firenze per le sue tendenze “particolari” e per causa del quale, con l’accusa di intrattenervi rapporti sessuali, lo stesso Leonardo nel 1476 venne pubblicamente processato e poi prosciolto per insufficenza di prove. Sigmund Freud, autore di un famoso saggio psicoanalitico su Leonardo, ne ascrive l’omosessualità e la conseguente avversione per le donne ad un tormentato rapporto di odio/amore verso la madre, contadina, di nome Caterina, che, sedotta dal notaio Piero da Vinci, allo stesso cedette il figlioletto Leonardo con lui concepito, per poi effettuare un matrimonio “riparatore” con l’accondiscendente Ser Accattabriga del Vacca. Del sorriso della Gioconda, ironico, enigmatico, misterioso, accattivante, ma al contempo triste, tenero, dolce e compassionevole, tanto si è scritto, discusso e parlato: con gli angoli della bocca impercettibilmente sollevati, quel sorriso affiora dalle sue labbra delicate e sembra, così, nascere da una fonte interiore più che dalla mimica del viso, dal momento che nel dipinto non si nota contrazione alcuna dei muscoli facciali. Vasari scrisse che la gioconda era bellissima e che Leonardo fece assumere musici, giullari e buffoni che la facessero sorridere per far scomparire quel tratto triste e malinconico che generalmente appariva nei ritratti tradizionali dell’epoca e che, comunque, la “modella” inesorabilmente assumeva nelle lunghe ed estenuanti sedute di posa. Di contro c’è chi asserisce con forza e convinzione (come il Dr Wasner, odontostomatologo tedesco), che quello della Gioconda non sia in effetti un vero e proprio sorriso e che Leonardo avesse dipinto con scrupolosa precisione l’atteggiamento tipico e fisiologico che assume la bocca dell’edentulo che fa sembrare sorriso ciò che in reltà avviene per contrattura ed eccessivo collabimento delle labbra a causa di un avanzato stato di problemi parodontali e carie dentali con conseguente consumo ed erosione dei denti stessi: ciò comunemente accadeva al tempo di Monna Lisa, vuoi per l’inesistente cultura ed abitudine all’igiene orale, vuoi per le malsane diete alimentari dell’epoca. Non è sfuggita recentemente, poi, all’attenzione del Dr. Nakamura l’evidenza di una “macchia gialla” nel volto della Gioconda che Leonardo, con la pignoleria e la precisione che lo contraddistinsero, non esitò a dipingere tra l’occhio sinistro e la radice del naso: trattasi di quello che comunemente noi medici chiamiamo Xantelasma, che altro non è che un piccolo accumulo dermico di colesterolo, quasi sempre espressione di una “ipercolesterolemia” (aumento del colesterolo nel sangue), malattia di cui, evidentemente, la signora Monna Lisa Gherardini doveva essere affetta, ma di cui il Vasari non parla (naturalmente!), né lo stesso ci dice se l’illustrissima paziente fosse caso mai andata incontro, nell’arco della sua vita, a qualche sorta di accidente cardiovascolare. Molti critici e studiosi, poi, nella posa delle mani di Monna Lisa hanno voluto intravedere quell’atteggiamento tipico che pazienti con paralisi di un arto superiore assumono in condizioni di riposo: così sarebbe stato trasmesso inconsapevolmente da parte dell’autore nella figura della Gioconda quel difetto a carico dell’arto superiore destro di cui lo stesso Leonardo era affetto, una sorta di paralisi associata a deformità della mano (“… che mi appare distorta e, talvolta, ciondolante”, così come scrive lo stesso) insorta in seguito ad una aggressione subita da giovane. E’ ragionevole pensare che questo tipo di patologia di cui Leonardo soffriva potesse in realtà trattarsi di una “Paralisi Ischemica di Volkmann”, malattia non infrequente, dovuta ad occlusione dei vasi e lesioni ischemiche dei nervi delle estremità con conseguente deformità cronica ed atrofia dei muscoli che si verifica a distanza di tempo da un trauma quando questo non venga opportunamente ed accuratamente curato. A causa di questo difetto molti autori fanno risalire quel modo particolare di scrivere di Leonardo che prende il nome di “scrittura antidromica” o “speculografica” che veniva cioè effettuata con la mano sinistra, andando da destra verso sinistra sì che le lettere potevano essere lette solo con l’aiuto di uno specchio e che Leonardo adottò, se pur forzatamente, anche allo scopo di impedire che discepoli e curiosi andassero a leggere i propri appunti. La situazione si aggravò notevolmente negli ultimi anni della sua vita, sia per un progressivo decadimento delle condizioni generali che per il peggioramento della paresi al braccio destro al punto che, poco dopo essersi recato ad Ambois in Francia, dietro invito di Francesco I (1516), limitò quasi totalmente la sua attività (“non potendo più lavorare per infermità completa al braccio destro”, così come scrive il segretario del Cardinale d’Aragona). “Stette per molti mesi ammalato - scrive il Vasari - e vedendosi vicino alla morte volse divotamente pigliare il Santissimo Sacramento fuor dal letto, sostenuto da amici e servi: sopraggiunse il Re, presoli la testa per porgergli favore a ciò che lo male alleggerisse, ivi spirò, in braccio a lui”: una morte eccezionale, tra le braccia di un Re e veramente degna di un grande artista! Paolo Signore