Solo sull’ Economist mi riesce di trovare delle notizie che i media italiani, così condizionati dagli interessi dei gruppi economici che li controllano, lasciano filtrare. Nel numero dell’11 di Giugno, la rubrica Economic Focus analizza il livello di indebitamento del sistema delle Banche Centrali europee, proprio quelle che avrebbero la funzione, insieme al Fondo Monetario Internazionale, di paracadute delle crisi finanziarie dell’Unione Europea e dei suoi membri. Riprendendo l’analisi di Open Europe, un centro studi, l’articolo evidenzia come la BCE sia attualmente largamente esposta, per circa 210 miliardi di euro, verso banche in crisi, a fronte di garanzie dubbie. Inoltre ossiede circa 75 miliardi di obbligazioni a rischio, acquistate sul mercato secondario. Alcune Banche Centrali nazionali infine, quella tedesca in particolare, ne hanno finanziate altre in difficoltà, come quelle di Grecia, Irlanda e Portogallo, per importi impressionanti, attraverso un meccanismo interno alla rete piuttosto opaco. Si parla di esposizioni complessive di 450 miliardi. Se sommiamo i numeri c’è da preoccuparsi. I crediti a rischio sono dell’ordine di dieci volte il capitale netto complessivo delle Banche Centrali, che è di circa 80 miliardi. Se la situazione in Grecia dovesse precipitare e trascinare altre economie deboli, la rete di protezione del sistema potrebbe sfondarsi, con conseguenze disastrose. E che dire dei bilanci degli Stati? Gli Stati Uniti sono vicini al 100% di rapporto debito/PIL, la Germania ha superato l’80, la Francia il 90. Le regole di Maastricht e l’obiettivo di lungo termine di debiti sotto il 60% sembrano oramai un sogno. L’Italia è ritornata in tre anni al 120%, dove l’aveva presa Ciampi prima di condurla, con Prodi, nell’euro. La bassa crescita economica, anche potenziale, delle economie occidentali non autorizza nessuna previsione ottimistica di rientro graduale da soglie così pericolose. Il deterioramento finanziario delle economie dell’Occidente ha certo a che fare con l’avidità dei banchieri e l’assenza di regole nel mercato globale, ma nel profondo riflette anche l’incapacità delle nostre democrazie di mantenere le promesse fatte al proprio elettorato, specialmente alle classi medie che ne costituiscono l’asse portante. Crescita economica continua e senza traumi, welfare sempre più inclusivo per una popolazione che invecchia, tutela più estesa di una gamma sempre più diversificata di diritti sono stati spesso perseguiti attraverso la scorciatoia illusoria del debito e lasciando pietrificare estese aree di monopolio e rendita di posizione. Essi sono sostenibili invece solo se fondati sulle solide basi della concorrenza e dell’ aumento della produttività del sistema economico attraverso l’innovazione e la ricerca. Dal baratro fiscale si esce solo con un nuovo patto sociale, il risveglio dal torpore delle illusioni in cui una generazione intera si è cullata, leader capaci di rinunciare al populismo e proporre una progetto credibile di sviluppo, cittadini che riscoprano il valore della corresponsabilità come fondamento del proprio futuro. Luca Romanelli