I recenti stress-test effettuati dalla Banca centrale europea, hanno dimostrato che le principali banche italiane sono brillantemente uscite dalla pesante crisi che le ha colpite negli anni passati.
Per contro, le quotazioni borsistiche, che meglio colgono il nuovo scenario politico-economico italiano, hanno messo in luce come il Sistema bancario rimanga l’anello debole del sistema economico italiano.
E allora chi la dice giusta? Gli stress-test o le quotazioni di borsa?
Io temo che le quotazioni siano dalla parte della ragione per diversi motivi.
Innanzi tutto, come noto, le banche detengono ingenti quantità di Bot e Btp. La veloce caduta dei prezzi dei titoli di Stato ha quindi aperto autentiche voragini nei loro bilanci riducendo così la patrimonializzazione faticosamente accresciuta anche attraverso gli aumenti di capitale degli ultimi anni.
Inoltre il costo della raccolta bancaria è in larga misura legato al rendimento dei Btp il cui forte aumento inevitabilmente indurrà le banche ad innalzare i tassi sui depositi per arginare la possibile fuga verso i più redditizi titoli di Stato.
Da ultimo segnalerei le caratteristiche intrinseche dell’attivo delle banche composto in larga parte da impieghi domestici la cui qualità è strettamente correlata con lo stato di salute dell’economia italiana che rimane quello della cenerentola d’Europa, ruolo questo, che sempre più saldamente appartiene al nostro Paese.
Dicevamo che le quotazioni delle banche italiane sono crollate. Negli ultimi sei mesi le quotazioni hanno perso in media il 35 per cento del loro valore. Qualche ulteriore dato mi aiuterà a completare il ragionamento. Il rapporto fra prezzi di mercato delle azioni e utili – il c.d. price to earning - si è quasi dimezzato così come il rapporto tra prezzi delle azioni e capitale netto contabile – il c.d. price to book.
La forte attenzione verso il sistema bancario trova la sua ragione nel fatto che l’apparato produttivo italiano, composto da piccole e medie imprese che hanno complessivamente una struttura finanziaria debole, ha un assoluto bisogno del credito bancario sia per effettuare investimenti, sia per finanziare la crescita del fatturato.
E la scarsità di strumenti alternativi non fa che aggravare il problema. A questo si aggiunga il fatto che le banche italiane custodiscono gran parte del patrimonio finanziario delle famiglie e una loro fragilità rischia di colpirle duramente come dimostrato dai default delle banche degli ultimi anni.
In altre parole, la crescita economica, in Italia ancor più che in altri Paesi, ha bisogno di un sistema bancario forte in grado di sorreggerla.
E non è un caso che l’andamento dell’economia italiana sia storicamente andata di pari passo con quella del sistema bancario.
Come dire, unite nella buona e nella cattiva sorte.
E guardando al futuro cosa c’è da attendersi?
Dopo le invettive ideologiche contro le banche che hanno accompagnato la campagna elettorale, anche il governo giallo-verde sembra ora essersi accorto sia dell’importanza del sistema bancario ai fini della crescita paese sia della sua fragilità.
Infatti si sono lette insistite dichiarazioni da esponenti politici che, in caso di crisi, il governo sarebbe prontamente intervenuto.
Eppure, la legge di bilancio trasmessa in parlamento sembra spingere nella direzione opposta. Tra le principali disposizioni in materia di entrata tributarie, prevede infatti il differimento, su periodi compatibili quelli della Santa Romana Chiesa, della deducibilità delle svalutazioni e perdite sui crediti.
Dalla misura sono attesi oltre 2,1 miliardi di nuove entrate.
Le misure peraltro penalizzano le banche italiane rispetto a quelle di tutti i principali paesi del mondo, giacché le norme contabili sottostanti nascono da regolamenti internazionali che quindi devono essere applicate allo stesso modo da tutte la banche a livello mondiale.
Ma le banche italiane si troveranno ad applicarle con handicap.
In tale contesto la ricordata promessa del governo d’intervenire in aiuto alle banche in caso di difficoltà appare esilarante.
Un fulgido esempio di strabismo politico. Prima le bastono e poi dico che le voglio aiutare.
Un esempio esilarante e faceto perché non considera l’inevitabile appesantimento del bilancio dello Stato, senza poi nemmeno contare il contrasto con la normativa europea sugli aiuti di stato, la quale prevede che a pagare siano prima gli azionisti, gli investitori e depositanti più grandi, cosa che però l’attuale governo non ritiene accettabile.
E qui mi fermo senza però rinunciare all’ultima considerazione.
Dopo aver sorriso sull’avvocato del popolo non è che dovremo piangere per lo scempio dei banchieri del popolo?
Marchetto Morrone Mozzi