La manipolazione mediatica non è certo una novità nella storia dell’umanità, ma oggi l’intensità delle informazioni che ci raggiungono è tale che risulta sempre più difficile coglierne l’intento.
Tutti, più o meno, usiamo fatti ed opinioni per persuadere gli altri a fare o pensare come desideriamo. La buona informazione è però quella che rende onestamente manifesta tale intenzione e comunque lascia aperto all’interlocutore uno spazio per criticarla, integrarla o interpretarla in vista di una possibile sintesi condivisa o almeno di una maggiore chiarezza sulla diversità dei punti di vista.
Il manipolatore, al contrario, tende a chiudere tali spazi e prova a proporre la sua verità come monolitica ed inoppugnabile, chiedendo di sottomettersi o intrupparsi nella sua battaglia: condividi se sei indignato!
Un antidoto alla trappola può essere contare fino a 10 prima di assumere una posizione e magari farsi delle domande, mentre si conta. Ad esempio:
che relazione ha l’informazione con gli interessi (economici o di potere in generale) di chi la propone, o di chi da a questi da vivere, sia esso l’editore o un gruppo di lettori, sostenitori o sodali da cui trae sostentamento?
l’attribuzione di responsabilità o colpe a qualcuno può giovare a tali interessi?
che riscontri o fondamenti vengono proposti a quanto si afferma, che siano oggettivi o indipendenti dall’opinione o testimonianza dell’informatore o di chi ne condivide gli interessi?
ci sono fatti ed elementi pertinenti alla situazione descritta che sono stati ignorati nella sua ricostruzione?
l’informatore cita fatti e opinioni divergenti dai suoi e, se lo fa, li confuta in maniera convincente? Oppure li liquida senza approfondire?
è possibile pensare ad interpretazioni differenti e plausibili degli stessi fatti presentati, rispetto a quelle proposte?
le conclusioni o le interpretazioni presentate discendono direttamente e necessariamente dalle premesse del discorso? Si fanno generalizzazioni indebite o ingiustificate?
la sintesi (ad esempio il titolo in un giornale) è coerente con il contenuto per esteso dell’informazione?
persone o situazioni oggetto di critica vengono descritte con epiteti o parafrasi denigratori che non hanno alcuna connessione o giustificazione coi fatti presentati?
e, infine, si usano termini o parole volte evidentemente a sollecitare emozioni o pulsioni irrazionali?
L’arte di ottenere ragione di Schopenhauer è un classico per chi voglia approfondire.
Il piccolo decalogo proposto è ben povera cosa ma a me aiuta a decidere come esporre le mie ragioni e reagire ad un’informazione che mi viene proposta, specie sui social: se lasciar perdere (perché chi la propone è in preda a una trappola emozionale o sta cercando gonzi a cui vendere la propria merce) oppure se intavolare un dialogo. Purtroppo il secondo caso non è frequente.
Luca Romanelli