Era l’alba del 9 agosto 1918 quando dal campo di aviazione padovano di San Pelagio presero il volo 11 Ansaldo della squadriglia “Serenissima” al comando del maggiore Gabriele D’Annunzio. In cielo salirono solo in 7: appena spiccato il volo 3 fecero rientro alla base, un quarto fu costretto a un atterraggio di fortuna.
La guerra stavano ormai volgendo a favore delle forze dell’Intesa, e l’Italia avanzava fieramente verso l’Austria, ormai prossima al tracollo. Da un anno l’eccentrico D’Annunzio aveva progettato un’azione dimostrativa su Vienna, sempre rinviata per problemi politici e tecnici.
Alle 5.50 di quel 9 agosto, dopo due tentativi andati a vuoto nei giorni precedenti a causa di condizioni meteorologiche avverse, il sogno si avverava. Pilotava uno dei sette aerei il ventitreenne tenente fermano Lodovico Censi.
Nato a Fermo il 21 maggio 1895, ufficiale di cavalleria, allo scoppio della guerra ottenne di essere trasferito nel corpo aeronautico militare, guadagnandosi una medaglia di bronzo e una d’argento al valor militare.
Con D’Annunzio e gli altri piloti aveva pianificato la temeraria impresa che avrebbe umiliato il potente impero austro-ungarico e sbalordito il mondo, e chi oggi visita il Museo dell’aria a San Pelagio – Due Carrare, può vedere la ricostruzione nella “sala D’Annunzio” della riunione operativa, con i figurini dei piloti, il fermano fra questi.
Fausto presagio della vittoria alle 9.20 la pattuglia oscurò il cielo di Vienna gettando 400.000 volantini inneggianti all’Italia, 50.000 con un testo scritto dallo stesso D’Annunzio, gli altri con un testo di Ugo Ojetti tradotto in tedesco: Viennesi!, Imparate a conoscere gli italiani. Noi voliamo su Vienna, potremmo lanciare bombe a tonnellate. Non vi lanciamo che un saluto a tre colori: i tre colori della libertà. Noi italiani non facciamo la guerra ai bambini, ai vecchi, alle donne. Noi facciamo la guerra al vostro governo nemico delle libertà nazionali, al vostro cieco testardo crudele governo che non sa darvi né pace né pane, e vi nutre d'odio e d'illusioni.
Il rientro dopo 7 ore di volo fu un trionfo. L’impresa, gesto dimostrativo per scuotere emotivamente la popolazione nemica, ebbe eco mondiale. I piloti, Censi compreso, ricevettero la medaglia d’argento al valor militare. La motivazione: ardito pilota di caccia, con magnifico volo, affermava su Vienna la potenza delle ali d’Italia.
A guerra finita seguì il Vate nell’impresa di Fiume. Deluso dalla resa, lasciò l’aeronautica per la carriera diplomatica. Console in Europa e in America, rientro in Italia nel 1941. Aderì alla Repubblica Sociale Italiana e svolse il compito di incaricato d’affari presso la repubblica slovacca.
A riposo dal 1950, si stabilì a San Severino Marche dove morì il 13 maggio 1964.
Macerata gli ha intitolato la sezione dell’Arma aeuronautica, San Severino quella della Cavalleria.
Giovanni Martinelli