Nell’800 Karl Marx criticava, non senza ragione, l’ideologia borghese perché mascherava, dietro gli ideali di libertà ed uguaglianza universale, il dominio di una classe sociale fondato proprio sulla negazione di tali valori, attraverso la prassi del monopolio, della soppressione effettiva della concorrenza e del controllo della rappresentanza politica.
Qualcosa di simile si sta verificando oggi nell’era della rete, nelle sue varie e sempre più dominanti espressioni: i mercati virtuali online, le piattaforme di comunicazione e dibattito politico fino alla creazione di valute (o criptovalute) e, in prospettiva, istituzioni che possono prescindere dalla sovranità e dal diritto statale grazie alla tecnologia del blockchain.
Le innovazioni della rete si presentano come “liberanti” e “progressive” ed effettivamente possono esserlo. Come la borghesia, che ci ha liberato dal giogo del feudalesimo e dell’assolutismo ed innestato una crescita economica inaudita, la rete promette di dare finalmente voce a tutti, scegliere con libertà e consapevolezza tra una gamma infinita di prodotti e perfino gestire autonomamente in forma consensuale e paritaria processi complessi come pagamenti ed organizzazioni. La promessa incrocia l’insofferenza crescente della gente verso la politica tradizionale e lo Stato. E’ anzi la rete stessa che la alimenta, anche nelle forme più irrazionali, come le fake news.
Qualcosa tuttavia ci dovrebbe far insospettire. Principalmente l’inaudito controllo che pochissimi soggetti esercitano sui nodi di internet, molto più monopolistico di quello dei robber barons del protocapitalismo. Tale controllo è inoltre molto più subdolo, perché invisibile e incomprensibile ai più. Si tratta infatti del monopolio su tecnologie ed algoritmi in grado di governare i flussi informativi nella rete, condizionandone gli esiti. Google e Facebook, Amazon e Alibaba, le grandi banche d’affari con i loro software di gestione dei portafogli finanziari sono casi oramai noti. Ora emerge Bitcoin, come promessa di una valuta al riparo dalle crisi monetarie generate dai governi e dalle banche centrali. Il blockchain si presenta come un sistema che si configura solo in base alla libera volontà ed alla fiducia reciproca degli aderenti, ma i suoi veri protagonisti sono i pochissimi miners (una decina forse) in grado di generare algoritimi che facciano funzionare la catena di “blocchi” di informazione.
I segnali di pericolo concreto per le nostre vite sono evidenti: concentrazione del potere economico su un numero sempre più ridotto di marchi e piattaforme, crescente radicalizzazione ed irrazionalità delle opinioni politiche, pericolose oscillazioni nei valori degli asset finanziari. L’allarme sale quando si assiste alla delegittimazione sistematica dei sistemi, pur carenti, di rappresentanza e controllo democratico e dei valori (tolleranza, rispetto, fiducia, razionalità, prudenza) che ne sono alla base.
Non sono stato mai marxista ma forse occorre un “nuovo socialismo” che protegga noi tutti da questi abusi, elaborando un modello di convivenza e di istituzioni che metta il potere della rete al servizio di tutti.
Luca Romanelli