La ricordano solo i paesani, eppure quello di Alda Natali, primo Sindaco donna d’Italia, è un esempio unico di impegno civile e politico per la rinascita dell’Italia dopo la seconda guerra mondiale.
Nata a Massa Fermana il 5 marzo 1898, ereditò dal padre, Sindaco socialista del paese, la passione per la politica, soprattutto quando nel 1922 fu pestato a sangue dalle squadracce fisciste: la madre morì dal dolore poco poco, e lei, già insegnante elementare e iscritta a giurisprudenza a Macerata, fu confinata a Roccafluvione.
Chiese di essere avvicinata a Macerata per proseguire gli studi, e andò a insegnare in una piccola frazione di Loro Piceno (nelle campagne ricordano ancora questa maestrina che insegnò a leggere ai figli della povera gente, costretti nei campi a lavorare invece che andare a scuola). Nel 1936 si laureò in giurisprudenza e intensificò la sua attività politica contro il regime, pur sottoposta a stretta sorveglianza.
Finalmente libera dopo la caduta del fascismo, partecipò attivamente alla lotta partigiana, prendendo parte ai combattimenti nell’interno del maceratese. Iscritta al PCI, nel 1946 venne eletta Sindaco di Massa fermana, la prima donna Sindaco della storia d’Italia. Nel 1948 fu eletta deputato nelle liste del Fronte Popolare, e fece parte – unica donna – della rappresentanza parlamentare che visitò l’URSS per ristabilire i rapporti diplomatici con l’Italia. Nel 1953 fu incaricata da Palmiro Togliatti, allora segretario, di animare con la sua trascinante dialettica la campagna elettorale del partito in Sicilia, come esempio della emancipazione femminile.
Personalità vivace, portavoce delle istanze delle donne nella società e nella politica, fu Sindaco fino al 1959. Durante i suoi mandati, fu processata per gestit clamorosi, come l’ordine ai dipendenti comunali di raccogliere legna per scaldare le operaie dei cappellifici in sciopero per ottenere un contratto di lavoro, o la vendita di opere minori per il restauro del polittico del Crivelli contro il volere della soprintendenza. Processi nei quali fu difesa da Umberto Terracini, già presidente della Costituente, che fecero clamore, e che la videro entrambe le volte assolta con formula piena.
Non lasciò mai il suo paese, anche dopo l’uscita dalla vita politica. Mantenne inalterato il suo impegno per l’emancipazione della donna, in contatto con esponenti della vita politica nazionale. Offrì la sua sensibilità per i problemi della povera gente, degli operai, dei minori. Parlava alla gente semplice, sapeva motivare la popolazione, dimostrava con i fatti la vicinanza agli umili e a chi aveva bisogno. Fu anche un esempio di tolleranza, da cattolica che mai rinnegò la propria fede nonostante la presenza in politica. Morì il 27 aprile 1990.
Giovanni Martinelli