Augusto Mussini, l’inquieto frate-pittore, dovendo un giorno scegliere un volto da dare a San Francesco, lo ritrovò in quello di fra Marcellino da Capradosso, un cappuccino scomparso ancora giovane di tubercolosi che come san Francesco era un uomo “fatto preghiera”.
Giovanni Maoloni, questo il nome di battesimo di fra Marcellino, nacque in una famiglia di contadini a Capradosso, piccola frazione di Rotella, il 22 settembre 1873. Lavorava duro nei campi, e il suo tempo libero lo passava in chiesa, o nel piccolo santuario rurale di Montemisio, tanto da suscitare l’ammirazione dei caompaesani, ma non del fratello maggiore che non concepiva minimamente le sue aspirazioni religiose, tanto da proibirgli di entrare in convento.
Vi riuscì in età avanzata: entrò come non fratello non chierico nei cappuccini di Fossombrone nel 1902, a 29 anni, scegliendo il nome di fra Marcellino. L’anno dopo fu trasferito nel convento di Fermo come questuante, ruolo cui assolse con grande zelo, aiutato dalla naturale predisposizione al contatto con la gente, al dialogo, alla parola di speranza per tutti. Come fratello laico ebbe incarichi umili: ortolano, portinaio, sempre in ubbidienza totale. Nel 1906 fece la sua professione religiosa.
La gente cominciò a parlare di quel bel giovane dai modi affabili, che per se’ riservava penitenze e un regime di vita austero e di privazione, ma che per il prossimo aveva sempre disponibile aiuto fisico e morale.
Fu mandato nel convento di Montegiorgio ad assistere un confratello affetto da tubercolosi, che probabilmente contrasse. Un attacco di peritonite tubercolare lo colpì nel febbraio 1909. Sopportò con coraggio una lunga operazione che non lo salvò. Morì nel convento di Fermo, a soli 36 anni, il 26 febbraio 1909. Nel suo testamento spirituale si rivolse al popolo di Fermo: miei cari fratelli e buoni cittadini, vi raccomando di mantenere la fede cristiana e i buoni costumi, la vera concordia e la vera carità di Gesù Cristo.
Visse realmente lo spirito di San Francesco, si era offerto sin da bambino alla Madonna (indossava lo scapolare del Carmine), e nonostante non fosse uomo di cultura, come il santo di Assisi ebbe il dono di saper parlare con la gente, e di essere esempio vivente di carità cristiana, di fede senza sconti, di amore per i più poveri.
Fu seppellito nella chiesa fermana dei Cappuccini dove, proclamato servo di Dio, attende ora la beatificazione: la causa ha subito una accelerazione dopo la conclamazione di un miracolo ascritto alla sua intercessione.
Giovanni Martinelli