La disputa è vecchia di secoli: nacque a Osimo o a Sant’Elpidio? Nessuno saprà mai la verità. Ciò che è certo è che proprio Sant’Elpidio a Mare, che arrivò a dirlo della nobile famiglia Briotti, ne ha mantenuto viva la memoria. Tanto da ricordarlo nella iconografia ufficiale e da proclamarlo compatrono della città.
Nato nei primi decenni del ’200, entrato giovane nei monaci agostiniani della congregazione di Brettino, visse ai margini della riforma che portò, nel 1256, all’unificazione dei vari conventi sotto l’unica regola di Sant’Agostino. Della sua attività si hanno notizie soltanto dal 1271, quando il 12 maggio nel capitolo generale di Orvieto, Clemente fu chiamato alla guida dell’ordine, incarico nel quale fu confermato successivamente nel 1284 (si racconta che, al suo rifiuto, dovette intervenire papa Martino IV) e ancora nel 1287.
Nel 1274 Gregorio X lo inviò in Francia a partecipare ai lavori del Concilio ecumenico detto «Lione II», dove fu confessore del re Filippo III l’Ardito, figlio di san Luigi IX, che lo ebbe in tale considerazione da donargli una Spina della Corona del Cristo conservata a Parigi, che egli poi donò alla comunità agostiniana elpidiense (trafugata nel sacco del 1377, ora è a Fermo).
Predicatore prima, attivo nei conventi di tutta Italia, moderatore poi, svolse la sua attività con tenacia, puntando alla riorganizzazione in senso moderno dell’Ordine. Fu uomo di grande fede e di particolare devozione alla Madonna, motivo per il quale i contemporanei lo ricordano per la sua prudenza e per la sua decisione.
Insieme a Egidio Romano, che gli succedette nel generalato, riformò e fece promulgare nel capitolo di Ratisbona del 1280 le Constitutiones dell’Ordine che, in vigore fino al Concilio tridentino, sono tuttora basilari per gli agostiniani. Comendate da Clemente V, sono ricordate anche come Costituzioni clementine.
Rinunciato l’incarico nel 1290, papa Nicolò IV lo chiamò a predicare una nuova crociata ma, fiaccato dall’età avanzata, si ammalò morendo l’8 aprile 1291 nel convento di Orvieto. Si racconta che per diversi giorni il suo corpo rimase insepolto alla vista dei fedeli emanando «un profumo di paradiso» come ebbe a dire il cardinal Castani (futuro Bonifacio VIII) che lo ebbe come confessore.
Fu lo stesso papa Niccolò a comporre il cadavere nella tomba, mentre una folla di fedeli continuava ad accorrere tanto da far demolire alcune case sulla strada.
Sepolto a Orvieto, Clemente fu trasferito poi a Roma e i suoi resti ora sono nella cappella generalizia dell’Ordine. Nel 1759 Clemente XIII lo proclamò beato riconoscendone il culto «ab immemorabilis».
Giovanni Martinelli