Santità o tradizione? È il dubbio che attraversa le antiche storie di questa terra, che parlano di venerazione e di culto per personaggi normalmente accreditati di santità, pur non esistendo alcun raffronto storico, né alcuna certezza sulla loro esistenza, sulla loro vita, sul perché le popolazioni lo tennero in così alta considerazione, e la loro venerazione ha attraversato i secoli giungendo fino a noi.
È il caso di san Gualtiero, il cui nome è legato a Servigliano - località che ne conserva le reliquie e che lo ha proclamato compatrono - nonostante alcuni storici lo abbiano confuso con altri che portano lo stesso nome, ma provengono da altre città. L’ipotesi più probabile è che fosse di famiglia romana e che sia vissuto nel XII sec. (anche se alcuni storici locali – pur senza raffronti documentari – lo identificano nell’abate farfense dell’VIII sec. Guandelberto) che, ritiratosi a vita eremitica lungo la Valtenna, visse secondo la regola benedettina fino a costituire una vera comunità religiosa.
Trascorrendo una vita operosa con la mente al cielo, con i suoi confratelli costruì un vero monastero per la comunità creatasi con il suo esempio, che lo elesse primo abate, in quella zona che, alla sua morte, prese il nome di san Gualtiero.
In assenza di fonti, la tradizione lo pone come esempio per le popolazioni lungo la valle del Tenna, attento soprattutto a curare i malati, al punto di essergli riconosciuta fama ben oltre la sua terra. Basti pensare al trafugamento delle sue spoglie, sepolte nel monastero, ad opera degli ascolani che le volevano conservare: papa Giovanni XXII nel 1326 ne ingiunse la restituzione, segno evidente di quando la fama di santità di Gualtiero fosse andata ben oltre la vallata del fiume, e in quanta considerazione fosse anche presso la città di Ascoli (di tanto fa fede il diffuso utilizzo, ancora oggi, del nome Gualtiero in queste zone).
Protettore di Servigliano insieme ai patroni san Marco e Serviliano, le sue spoglie furono custodite nel vecchio paese per poi essere tasferite nella nuova parrocchiale di san Marco dopo l’abbandono del vecchio incasato e la costruzione del nuovo paese di Castel Clementino, dove sono tuttora venerate.
Eremita tipico del suo tempo, riferimento per le popolazioni del posto, Gualtiero visse come esempio di santità, di costumi morigerati, di aiuto verso il prossimo, promotore di un monastero che per secoli è stato il punto di sviluppo della valle del Tenna.
In presenza di così lunga tradizione e di una venerazione così spontanea, sul finire del ‘700 Pio VI ne autorizzò il culto e la ricorrenza il 4 giugno.
Giovanni Martinelli