Tra i santi cappuccini, san Serafino da Montegranaro è sicuramente una delle figure più vicine al culto popolare. Illetterato, semplice nei modi e nel proporsi, a secoli dalla morte rappresenta ancora un modello di edificazione e di santificazione.
Nato nella umilissima famiglia Piampiani intorno al 1540, fu battezzato con il nome di Felice. Persi in giovane età entrambi i genitori, insieme al fratello maggiore (che si racconta essere, a differenza di lui, una persona violenta e senza sentimenti) sopravvisse facendo ogni tipo di mestiere, pascolò le pecore, fece il muratore, lavorò la terra.
Andato a lavorare come muratore alle dipendenze di una famiglia di Loro Piceno, fu guidato alla vocazione dalla figlia del suo padrone, che gli leggeva (Felice era totalmente analfabeta) passi di meditazioni religiose che ben presto fecero breccia nel suo carattere dolce e spirituale.
Probabilmente aiutato dalla famiglia della quale era alle dipendenze, riuscì ad essere ammesso come laico nel locale convento dei cappuccini, per poi accedere al noviziato, che compì a Jesi. Prese il dolce nome di Serafino e, assegnato al convento di Ascoli, vi restò fino alla fine dei suoi giorni.
La sua indole umile e servizievole conquistò subito la simpatia della gente. «La via per andare in su è quella di scendere giù» soleva ripetere ai confratelli e ai fedeli, attendendo serenamente ai lavori più umili nel convento.
Di lui i biografi hanno scritto che, benché senza istruzione e pur maldestro nei modi, ebbe il pregio di saper parlare con la gente, di farsi ascoltare con fiducia, di avere per tutti la parola consolatrice, l’incoraggiamento nel cammino della fede e della speranza. Ebbe esperienze mistiche, praticò la spiritualità del crocifisso (l’iconografia ufficiale lo ritrae nell’adorazione del Cristo crocifisso) e del rosario. Si racconta che, curando egli l’orto del convento, riuscisse ad avere dalla terra un raccolto quasi miracoloso. Nelle testimonianze del processo di beatificazione è raccontato che, prima ancora di entrare in convento, andando pellegrino a Loreto, attraversò il fiume Potenza senza bagnarsi.
Alla sua morte, avvenuta nel convento di Ascoli Piceno il 12 ottobre 1604, l’intera città lo pianse e iniziò subito a venerarne la memoria come quella di un santo, tanto che Paolo V, nonostante il processo di canonizzazione fosse ancora in corso, autorizzò l’accensione di una lampada votiva dinanzi al suo sepolcro, costruito all’interno del convento.
L’umile Serafino fu proclamato beato da Benedetto XIII nel 1729, e santificato nel 1767 da Clemente XIII. È patrono della sua Montegranaro: la festa ricade il 12 ottobre, giorno del suo felice transito.
Giovanni Martinelli