Giulia Catani
Nell’ambito della programmazione e dello sviluppo del territorio il principale tema conduttore è quello del consumo di suolo pari a zero.
Non esiste una definizione precisa di “consumo di suolo”, ma generalmente esso è considerato come quel complesso di azioni atte a trasformare progressivamente le superfici naturali o agricole attraverso costruzioni, ricomprendendo tra queste anche le infrastrutture. Si tratta di un processo che presuppone l’impossibilità di recupero delle condizioni originarie.
Lo sviluppo delle città ha subito diverse accelerazioni nel tempo: le ricostruzioni post belliche, il boom demografico, la crescita delle famiglie mono nucleo, la motorizzazione di massa sono stati gli elementi che hanno spinto la dispersione insediativa nel territorio e quindi il consumo di suolo.
Il suolo non ha solo funzione insediativa, che forse è da ritenersi non principale, sinteticamente si può dire che le sue funzioni principali sono:
- quella produttiva;
- di regimentazione delle acque;
- di conservazione delle biodiversità;
- di regolazione climatica e dei cicli vitali.
Ma al di là delle funzioni del suolo vorrei sottolineare quanto esso debba essere importante come patrimonio da lasciare in eredità alle generazioni future e su questo concetto credo si basi la necessità di azzerarne il consumo.
Il 6 maggio 2015, l'Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale
(ISPRA), nell'ambito del convegno
"Recuperiamo terreno. Politiche, azioni e misure per un uso sostenibile del suolo" ha pubblicato la prima
cartografia nazionale del consumo di suolo come allegato all'edizione 2015 del
Rapporto sul consumo di suolo in Italia, a cura dello stesso Istituto.
Il rapporto ISPRA dimostra che negli ultimi anni il consumo di suolo progredisce con una velocità compresa tra i 6 e i 7 metri quadrati al secondo. La velocità massima di consumo di suolo si verifica nel Nord-Est, seguito dal Nord- Ovest, Centro ed infine Sud.
Il rapporto dell’ISPRA è molto puntuale. Le analisi partono a livello nazionale e piano piano scendono in una scala di maggior dettaglio fino andare a valutare la crescita di province e comuni.
A livello regionale il maggior consumo di suolo si verifica in Lombardia, seguita da Veneto, Campania e Puglia. Il minor consumo di suolo si verifica in Trentino Alto Adige, seguito dalla Valle d’Aosta. La Regione Marche si trova in posizione mediana.
A livello provinciale, la provincia di Monza e della Brianza, risulta quella con la percentuale più alta di suolo consumato rispetto al territorio amministrato,seguono Napoli e Milano, quindi Varese e Trieste.
A livello comunale, i maggiori valori di superficie consumata si riscontrano a Roma e nei principali comuni capoluoghi di provincia (dopo Roma: Milano, Torino, Napoli, Venezia, Palermo, Ravenna, Parma, Genova, Verona, Catania, Taranto, Bari, Ferrara e Reggio nell'Emilia.
L’analisi ha messo in evidenza valori elevati anche in alcuni comuni che non sono capoluogo, come Vittoria e Marsala , Modica, Fiumicino,Gela, Licata, Cerignola, Aprilia e Martina Franca.
A livello nazionale non vi sono proposte normative che limitino il consumo di suolo.
La Regione Marche ha legiferato in maniera piuttosto soft in tema di consumo dei suoli prevedendo che non vi possano essere varianti ai Piani regolatori generali se vi siano ancora previsioni inattuate con un limite superiore al 25%.
La Provincia di Fermo è stata invece molto incisiva prevedendo addirittura un consumo di suolo pari a zero e questa decisione è scaturita dopo un’attenta analisi del territorio sulla base delle cartografie aggiornate e delle previsioni urbanistiche di ciascun comune.
Vorrei concludere dicendo semplicemente che conservare, limitare, compensare, mitigare, recuperare sono le azioni che ci permettono di consegnare alle generazioni future un territorio da considerasi come vera e propria ricchezza.
Giulia Catani