La famiglia fermana degli Aceti ebbe il suo massimo palcoscenico nella seconda metà del ‘300, quando, attraverso alleanze strategiche ed energici colpi di mano, Antonio riuscì a insignorirsi della città finendo poi con lo scontrarsi con il potere pontificio, e soccombere. Antonio Aceti, conte di Monteverde, nacque a Fermo intorno alla metà del XIV secolo, e si avviò all’insegnamento: dopo essere stato lettore a Fermo, fu lettore di diritto civile a Perugia, come attestano documenti del 1374. Di nuovo a Fermo, nell’ottobre 1386 fu nominato podestà, e in quel periodo iniziò a manifestarsi in lui la volontà di un potere personale da ottenere anche attraverso azioni di forza, come l’uccisione degli avversari. Nel 1394 indusse Fermo contro Montegranaro, ma l’azione non ebbe seguito per la ribellione della popolazione, che lo convinse a rivedere i suoi piani e a riconciliarsi con le fazioni avverse. Montegranaro tornò nei suoi progetti l’anno successivo, quando convinse il Gonfaloniere di giustizia a soccorrere il paese limitrofo, venendo a patti con Conte da Cararra che, insieme a Luca di Canale, minacciava il territorio chiedendo taglie per non invadere i paesi. Pagando 3.000 ducati riuscì a far cedere Montegranaro a Fermo. Sull’onda del successo, venne nominato Gonfaloniere di giustizia, ma la sua condotta portò Fermo alla ribellione. Costretto a chiudersi nella rocca del Girfalco, chiamò in suo soccorso il da Carrara, grazie al quale la notte del 18 marzo riuscì a soffocare nel sangue la rivolta popolare, finita con il saccheggio della città e la soppressione degli avversari. Aceti capì che la sua signoria aveva bisogno di un appoggio forte e si rivolse al papa per avere la sua protezione. Mentre, sedata la rivolta, consolidava la sua autorità, Bonifacio IX inviò a Fermo il il vice rettore della Marca Pietro Matapani, arcivescovo di Zara, che sembrò non opporsi alla signoria di Antonio, per preparare la venuta di Andrea Tomacelli, fratello del papa, che il 5 giugno 1397 ristabilì l’autorità ecclesiastica. Questo scatenò la vendetta del vecchio alleato dell’Aceti, Conte da Carrara, che piombò nel Fermano saccheggiando varie località per alcuni mesi, fino a quando non venne a patti con il rettore della Marca, passando al servizio del papa. Ciò comportò l’uscita di scena di Antonio, che fu compensato dal papa con incarichi a Roma, dove fu anche senatore. Alla morte di papa Tomacelli, il fratello dovette lasciare Fermo al nipote di Innocenzo VII, Ludovico Migliorati, che ne prese possesso il 18 ottobre 1405, iniziando quella che sarebbe stata una nuova signoria. La presenza dell’Aceti sembrò ingombrante per il Migliorati, anche per la presa di posizione a favore delle prerogative del priorato, ormai esautorato delle sue funzioni: fatto arrestare, fu decapitato la notte dell’1 settembre 1407. Due giorni dopo furono giustiziati anche i due figli maschi: così ebbe fine la breve signoria degli Aceti. Giovanni Martinelli