Prima di dare alla Chiesa illustri personaggi e porporati, la nobile famiglia fermana dei Brancadoro, si distinse soprattutto nel rinascimento con diversi uomini d’arme, le gesta dei quali restano in alcune importanti pagine della storia del tempo.
Chi visita il duomo di Fermo può ammirare alcuni imponenti monumenti sepolcrali, come quello di Alessandro Vittoria, allievo del Sansovino, che custodisce i resti di Orazio Brancadoro, capitano d’arme di fama nella parte centrale del XVI secolo.
Nato a Fermo nei primi anni del ‘500, come altri suoi familiari (Girolamo detto Brancadoro da Fermo fu signore di Petritoli e, agli ordini del card. Bonafede, sconfisse nelle piane di Tenna nel 1520 il giovane signore di Fermo Lodovico Euffreducci, che l’anno prima aveva fatto uccidere il fratello Bartolomeo) fu avviato giovanissimo alla carriera militare. Si racconta che avesse una fibra vigorosa e avesse innato lo spirito del comando. Al servizio dell’imperatore Carlo V, partecipò al vittorioso assedio di Tunisi del 1535, che sancì la vittoria spagnola contro l’asse francia-turco. Fu un assedio sanguinoso, che mietè vittime anche a causa di una pestilenza, ma grazie al quale migliaia di prigionieri cristiani poterono riavere la libertà.
Con tutta probabilità, seguì successivamente le truppe imperiali con le quali, attraverso la Sicilia, entrò a Napoli. Sempre con le armate di Carlo V partecipò ai fatti d’armi dei decenni successivi, nella lunga guerra che oppose l’imperatore al re di Francia Francesco I per la supremazia in Europa. Al comando di una compagnia, si distinse ancora nella battaglia di Muhlberg (1547) contro la lega protestante tedesca e nell’ambiguo assedio di Metz (1552) sempre contro i francesi.
Nel 1557 fu agli ordini dei genovesi, alleati della Spagna, in Corsica, nelle guerra contro francesi e turchi. Al comando di sei compagnie e di un distaccamento si rese protagonista, con altalenante esito, di alcuni importanti scontri che portarono alla fortificazione di Bastia; subì anche la cattura insieme ad altri comandanti, poi fu liberato. Dal principe Andrea Doria, comandante dell’esercito di Genova, ricevette l’incarico di assoldare altre truppe nel regno di Napoli con la garanzia del comando con il grado di colonnello.
Queste le ultime imprese di Orazio Brancadoro delle quali si ha notizia. Probabilmente dopo la definitiva sconfitta dei francesi (1557) e l’abidicazione e morte (1558) di Carlo V, decise, ormai avanti negli anni, di ritirarsi a Fermo. E qui nel 1560 fu ucciso in un agguato, forse tradito dai suoi stessi compagni: identica sorte era stata riservata anni prima (1544) a Girolamo Brancadoro, ucciso ad Atri, dove si era ritirato, dai suoi stessi servitori.
Il fratello Antonio gli fece costruire il monumento sepolcrale in duomo, dove è ritratto in pensieroso riposo nella sua armatura di capitano.
Giovanni Martinelli