Oggi Matteo avrebbe 21 anni, sarebbe un ragazzo pieno di sogni e di luce. Matteo che teneva nel computer la foto di un tramonto che gli dava serenità. Matteo Biancucci se n'è andato invece sei anni fa, dopo un incidente tremendo, ha lasciato però altre vite e tanti sogni, con un gesto di generosità grande. I suoi genitori e il fratello di Matteo hanno deciso di donare i suoi organi e da allora la sua storia è diventata simbolo della generosità più grande, della vita che sa andare oltre la morte. Per volontà dei quattro Rotary club del fermano e col supporto di Aido e Admo, nel nome di Matteo da sei anni è nato un premio dedicato ai ragazzi delle scuole, papà Silvano e mamma Patrizia Biancucci ogni anno arrivano a Fermo col loro carico di dolore ma anche con la forza di chi ha saputo guardare oltre e custodire ancora speranza. Ieri la cerimonia di premiazione, alla presenza del Governatore del Distretto 2090 del Rotary, Marco Bellingacci, che ha sottolineato la necessità di lavorare ancora sul valore della donazione degli organi, su un gesto che dovrebbe diventare naturale e scontato per tutti. Sergio Ioiò, presidente dell'Aido di Fermo, ha accompagnato tutti nel mondo di Matteo, nell'anno in cui l'associazione dei donatori di organi compie in città 40 anni: “Cerchiamo di lavorare sulla paura che hanno le persone della cosiddetta morte apparente, oggi la certezza della morte è suffragata da mezzi scientifici inoppugnabili e definitivi e si tutela la volontà della persona escludendo alcun tipo di speculazione. Il nostro gruppo è partito a Fermo con 8 iscritti e il presidente Vittorio Girotti che è rimasto in carica per 24 anni. Oggi abbiamo 850 iscritti e siamo in pieno dentro il mondo di Matteo Biancucci che è luogo di vita e di speranza”. Alberto Viozzi, responsabile dei trapianti per l'Area vasta 4 che ha parlato di rinascita: “In tempi moderni la rinascita può avvenire nelle rianimazioni, la medicina deve essere accoglienza e cura del malato e dei suoi familiari. È un percorso che si fa insieme e dove il rapportarsi profondamente diventa anche per noi operatori una morte e una rinascita. Solo dal rapporto profondo noi cresciamo continuamente e diamo qualcosa in più. La rianimazione è fatta per la vita, per la cura e quando si arriva ad una scelta consapevole possiamo rilanciare la vita”. Angelica Malvatani