2014.10.23 – “George Washington e malasanità: un salasso maledetto” di Paolo Signore

Pubblicato il 24 Ottobre 2014 da admin

Paolo Signore

Paolo Signore

Poco si conosce della vita privata di George Washington in quanto lo stesso dedicò gli anni più importanti del suo vissuto al servizio della nazione: due mandati da Presidente ed un terzo rifiutato perchè, come affermato testualmente, “sarebbe stato pericoloso accentrare il potere per troppo tempo nelle mani di un solo uomo”. Washington si ritirò quindi completamente dalla vita politica, ma per poco tempo: l'anno seguente infatti, quando i rapporti tra Francia e Stati Uniti si inasprirono, al fine di evitare una guerra tra i due paesi, il nuovo Presidente John Adams lo nominò capo al comando delle forze armate, incarico che accettò di buona lena anche se risultato inutile e superfluo in quanto i rapporti tra i due paesi presto si distesero ed il pericolo di una guerra fu scongiurato.

Nel vortice tumultuoso della sua vita politica il Presidente si preoccupò marginalmente dei suoi problemi di salute, peraltro non importanti, ad onta di una costituzione fisica non certamente tonica e robusta, frutto anche della difterite e della tubercolosi sofferta nell’infanzia. Dal ventiquattresimo anno di vita in poi George cominciò a perdere i denti in modo sistematico e progressivo tanto che,  al tempo della sua prima nomina a Presidente, si racconta che di denti ne fosse rimasto uno solo: famosa e rinomata così è la vastissima collezione di dentiere che il Presidente si fece fare per ovviare alla edentulia, condizione non certamente conveniente e consona all’importante incarico pubblico rivestito.

All’età di 67 anni, ritiratosi nella sua tenuta di Mount Vernon, ancora fisicamente ed intellettualmente attivo, fu una banale infezione alla gola a portarlo a morte nel breve giro di 48 ore: il 12 Dcembre del 1799, dopo una lunga passeggiata a cavallo effettuata nonostante le pessime condizioni meteorologiche di quei giorni, esposto per molte ore a freddo e pioggia ghiacciata, rientrò a casa in tarda serata e si accinse a cenare senza cambiare i suoi abiti fradici e zuppi. Il risultato di questa imprudenza fu l’immediata comparsa di mal di gola, febbre e difficoltà respiratoria  ed alla deglutizione.

Fu il dottor Rawlins alle 7.30 del giorno seguente a prestare le prime cure all’illustre paziente con un salasso di quasi mezzo litro e la somministrazione di una improbabile mistura a base di aceto, melassa e burro che per poco non ne provocò il soffocamento. Due ore dopo giunse al capezzale del Presidente il dottor Craick, medico curante, amico e compagno d’armi nelle battaglie contro francesi ed indiani, il quale, oltre all’immancabile salasso, applicò un vescicante di cantaride all’altezza della gola e prescrisse gargarismi a base di aceto, con il risultato di aggravare ancor più il senso di soffocamento. Verso le ore 15 poi l’illustre paziente, indebolito, febbricitante, dispnoico ed inquieto, fu visitato da un giovane medico, il dottor Cullen Dick, che godeva fama di essere aggiornato nella più recente letteratura medica: prescrisse una pozione disinfettante a base di calomelano e tartaro emetico, notò l’ndebolimento causato dai salassi,  ma non riuscì ad evitarne un terzo di quasi un litro praticato a forza dal dottor Craick. Dopo un ulteriore quarto salasso praticato nel tardo pomeriggio dal dottor Richard Brown (per un totale di 2300 centimetri cubici di sangue, più di un terzo del nostro patrimonio ematico!), Washington sembrò riprendersi, poté deglutire e riuscì anche ad alzarsi, ma fu un benessere passeggero, l’ultimo canto del cigno: in serata peggiorarono le sue condizioni generali per comparsa di febbre elevata, dolori al torace e gravi difficoltà respiratorie, al punto che il dottor Craick somministrò ulteriore cloruro mercuroso, vescicanti agli arti, gargarismi e cataplasmi alla gola.

Alle ore 23 e 20 del 14 Dicembre 1799 il Presidente George Washington chiamò a sé il colonnello Lear sussurrandogli all’orecchio: “i am just goig”, “datemi una sepoltura decorosa, ma non prima di due giorni dal momento della morte, avete compreso?”. Alla risposta “yes, sir”, soggiunse “tis wel”, poi si tastò il polso come se avesse percepito un’aritmia cardiaca e spirò.

Nei giorni, mesi ed anni successivi si discusse e polemizzò molto sulla morte di Washington avvenuta in un così breve lasso di tempo, sull’inopportunità e l’eccesso dei salassi e sulla mancata attuazione di una tracheotomia, dato il grave disturbo alla respirazione: si racconta a questo proposito che i quatto medici intervenuti al capezzale del paziente ci avessero pensato, tanto che si erano preoccupati di chiamare in aiuto un esperto di tracheotomia in emergenza, il dottor William Thornton, il quale arrivò in ritardo, ma ebbe la fantasia di proporre una sorta di improbabile pratica rianimatorio-resuscitativa tramite l’effettuazione al corpo del defunto di un bagno freddo seguito dall’applicazione di coperte calde e quindi di tracheotomia, respirazione artificiale ed emotrasfusione: nella consapevolezza di un prevedibile risultato negativo e contraria ad ogni sorta di accanimento terapeutico, la signora Martha Washington, moglie del Presidente, si oppose a questa pratica estrema, nonostante avesse anni prima assistito alla rianimazione di uno schiavo apparentemente morto ad opera del proprio marito.

Dopo la morte del grande Presidente George Washington gli statunitensi costruirono e fondarono  in suo onore, non lontano da Mount Vernon dove è sepolto, la nuova capitale della nazione a cui fu dato il suo nome, tutti i membri delle forze armate statunitensi portarono per un periodo di sei mesi una fascia nera al braccio in segno di lutto e lo stesso Napoleone Bonaparte ordinò un periodo di dieci giorni di lutto in tutta la Francia.

Paolo Signore

George Washington

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