Tra le buone cose che Internet va producendo ci sono le nuove app per condividere risorse ed informazioni che altrimenti non metteremmo a disposizione. E’ la galassia della sharing economy, che oltre a renderci (interessatamente) più buoni, ci sta liberando di una serie fastidiosi e costosi intermediari.
L’esempio più noto alle cronache è Uber, la piattaforma web che in due click ti trova un passaggio senza doverti raccomandare agli (artificialmente pochi) tassisti della tua città. Che infatti sono in subbuglio. Stessa funzione svolgono numerosi siti di car-sharing, come Bla-Bla car, che aiutano anche a ridurre l’inquinamento. Waze, creata da sviluppatori israeliani, raccoglie le segnalazioni dei conducenti nel traffico caotico delle città per elaborare mappe delle code ed indicare percorsi alternativi. I miei amici messicani non ne possono fare a meno ed il servizio è gratuito.
I campi di applicazione sono molti di più. Numerose iniziative di e-learning, ad esempio, mettono in comune materiali tra studenti e docenti (appunti, video di lezioni, esercitazioni ecc.) favorendo percorsi personalizzati di apprendimento e stimolando l’innovazione didattica.
Innocentive, una società americana posta nel suo sito delle “sfide” (challanges) di tipo scientifico e tecnologico e incentiva con premi a condividerne le soluzioni. Si scavalcano così la burocrazia, i costi e le distorsioni dei classici circuiti accademici e di ricerca. Con il crowdsourcing molti giovani innovatori finanziano le loro start-up senza genuflettersi a banche e venture capitalist, almeno fino a che non riescano a dimostrare che l’idea ha del potenziale.
Airbnb spopola in tutto il mondo rendendo disponibili alloggi privati altrimenti inutilizzati, fornendo un incentivo indiretto al miglior uso dello stock residenziale e alla riduzione del consumo di suolo. In campo sociale il web aiuta a creare e gestire le banche del tempo, facendo risparmiare sui servizi alla persona e creando nuove occasioni di relazione personale.
Anche in politica ci sono interessanti applicazioni, anche se meno immediate. L’esperienza dice che spesso il web ed i social network alimentano la vis polemica più che la collaborazione. Tuttavia molte soluzioni ai problemi di convivenza e vivibilità delle città potrebbero essere meglio affrontati dallo sforzo solidale dei residenti che dall’ottusa burocrazia municipale. Non mancano esempi nel campo della manutenzione del verde, nei servizi di assistenza, della viabilità locale. Si tratta di investirci, anche attraverso l’educazione civica, di cui non riusciamo più a comprendere l’enorme rilevanza economica, prima che morale.
Luca Romanelli