Senza speranza non si vive e anche le società non sfuggono alla regola.
La mobilità sociale, intesa come opportunità per tutti di accedere ai livelli più alti di reddito, è un potente motore delle economie occidentali. Premiando il talento, oltre a motivare l’impegno personale, si arricchisce la società, che diviene più produttiva nel suo insieme.
Con la globalizzazione, in conseguenza di una naturale, forte concentrazione della ricchezza, c’è il rischio che si blocchi l’ascensore sociale. Le elite economiche tendono infatti a costruire barriere competitive a favore proprio e della loro discendenza, per impedire che il talento sia premiato indipendentemente dalla condizione di partenza.
Negli Stati Uniti, studi universitari hanno trovato che chi proviene dal 20% più povero delle famiglie della popolazione ha poco meno del 10% di probabilità di finire nel gruppo delle famiglie più ricche. Tale probabilità di ascesa cresce gradualmente con il reddito di partenza: oltre il 30% di chi nasce in una famiglia con maggior reddito rimane nel gruppo.
La mobilità sociale cambia notevolmente con il contesto socio-economico. In Italia, secondo l’OCSE, la probabilità di finire nel quarto di popolazione più ricca è oltre il doppio per chi vi nasce già, rispetto al quarto più povero. La Francia e l’Austria fanno decisamente meglio.
I fattori che possono incentivare le pari opportunità sono oggetto di studio continuo ma riassumibili nei seguenti:
qualità ed accessibilità del sistema formativo, a partire dalla scuola pre-primaria,
bassa segregazione: sono più mobili le comunità dove ricchi e poveri vivono insieme piuttosto che in ghetti separati,
struttura familiare: sono svantaggiati i figli che vivono con un solo genitore,
“capitale sociale”: la mobilità è maggiore dove esiste un più alto spirito comunitario e le relazioni sociali sono più frequenti ed intense.
La cultura e la qualità dello spazio urbano sono quindi potenti fattori produttivi, anche se qualcuno pensa ancora che non “si mangino”.
Luca Romanelli – 13 Febbraio 2014