Le cronache di questi giorni hanno messo in evidenza una problematica che ogni inverno si ripropone, anzi che si ripropone ad ogni pioggia: la fragilità del nostro territorio nazionale.
In pochi giorni grandi territori devastati (le Cinque Terre, interland di Modena, la Calabria solo per citare alcuni esempi) e grandi apprensioni nelle città d’arte.
Le immagini della città di Firenze, con i forti dell’Arno rialzati nel centro storico mediante paratie in legno, credo che ci abbiano fatto trattenere il fiato e fatto ritornare indietro nel tempo fino all’anno 1969.
Il territorio italiano, rispetto a quello degli altri paesi europei, è quello più esposto al rischio sismico, alla erosione delle coste, al rischio idrogeologico, è quello che ha oltre un milione di frane censite.
Il nostro è un Paese fragile e questa fragilità colpisce il patrimonio artistico, il paesaggio, le attività economiche e le persone stesse (pensiamo a coloro che hanno perso la vita negli ultimi tempi a causa delle piene o degli smottamenti).
Si parla molto e spesso di prevenzione, il Presidente della Repubblica stesso ne ha fatto menzione ultimamente, ma nulla si fa in proposito.
Spesso ci si chiede qual è il significato di prevenzione in termini pratici. Allora si pensa alle cartografie, alle mappature: la carta del rischio sismico, quella del rischio idrogeologico, quella dei disseti naturali, quella degli incendi boschivi…e chi ne ha più ne metta.
La prima carta geologica d’Italia, rappresentata a scala 1:100.000, fu voluta e concepita da Quintino Sella nel 1861.
La sua prima edizione fu pubblicata nel 1881 in occasione del primo Congresso Internazionale di Geologia tenutosi a Bologna.
Ci vollero ben venti anni per completare questa cartografia.
Possiamo comprendere: non si avevano a disposizione gli attuali mezzi tecnologici. Quello che non possiamo capire è che il suo aggiornamento è avvenuto circa venti anni fa e che lo stesso è rimasto incompiuto e che la carta del rischio sismico aggiornata non comprendeva, come zona ad alto rischio, l’Emilia Romagna. Purtroppo sappiamo cosa è successo in quel territorio.
Il nostro Paese non ha bisogno solo di carte e mappature, il nostro Paese ha bisogno, soprattutto, di buon senso.
L’azione di prevenzione e tutela del territorio avviene con azioni semplici, prima fra tutte quella di limitare il consumo del suolo.
Le cause dei drammi successi in questi giorni non sono attribuibili soltanto a fenomeni atmosferici abnormi. Pensiamo alle grandi superfici delle città rese impermeabili da chilometri quadrati di asfalti che di fatto rendono il terreno saldamente sigillato, pensiamo alla inesistente manutenzione degli impianti di raccolta delle acque piovane, pensiamo alla scomparsa delle buone pratiche dell’agricoltura. Riflettiamo e forse troveremo una spiegazione a tutto quanto abbiamo visto e letto in questi giorni.
Giulia Catani