Nonostante sia scomparso appena cinquant’anni fa, del pittore don Giuseppe Toscani le notizie biografiche sono scarne, e della sua memoria parlano soltanto le opere, ancora sconosciute ai più. Che non abbia avuto vita facile basti dire che, morto in solitudine e in povertà assoluta a Genova nel 1958, nessuno ne reclamò la salma, che finì nell’ossario comune.
Consolante però, come si diceva, che restino le sue opere, la cui bellezza giustifica un interesse per l’approfondimento della figura, della formazione e dell’opera di questo artista che, nato a Grottammare il 26 novembre 1878, si trasferì prestissimo con la sua famiglia a Fermo.
Qui entrò in seminario, mai tralasciando di seguire e di far crescere la sua passione per la pittura, che sin dabambino lo aveva attratto. Negli anni di studio frequentò difatti l’Accademia di belle arti di Firenze, allievo di Amos e Giuseppe Cassioli. Tornato a Fermo e ordinato sacerdote, dedicò tutto il suo tempo alla pittura, divenuta vera e propria attività al di fuori degli impegni del sacerdozio, che comunque non tralasciò.
Sue opere, dipinte nella prima metà del secolo scorso, sono in diverse località delle Marche. Privilegiò, non poteva essere diversamente, le raffigurazioni e i temi sacri. A Fermo dipinse vòlte e abside della collegiata di san Michele arcangelo, dando un volto ai santi fermani, e la chiesa di santa Lucia. Principalmente fu attivo nel vicino Abruzzo dove, con i giovani collaboratori Armando Moreschini, fermano, e i fratelli Carlo e Dino Piozzi, di Nereto, realizzò nel 1930 le figure di alcuni santi e scene sacre nella restaurata collegiata di Nereto e, nel 1943, lavorò nella parrocchiale di Torano Nuovo.
Avanti negli anni, don Toscani amò portare sulla tela paesaggi e panorami della nostra terra, e per fermare le immagini si dedicò anche alla fotografia. Visse sempre in grande povertà, solo del necessario, non avendo sicuramente i mezzi per portare avanti un proprio studio e, magari, ampliare la sua attività, facendosi conoscere e commissionare. Soprattutto negli ultimi anni non ebbe i mezzi per seguire, come avrebbe voluto, la nuova passione per la fotografia. Gli fu utile per questo realizzare opere per le famiglie private fermane, dove tuttora sono conservate.
Anche per l’ultimo periodo della sua vita, dopo la seconda guerra mondiale, le notizie sono poche. Avanti negli anni, povero come fu per tutta la vita, non più autosufficiente, riuscì grazie ad amicizie a trovare asilo in una casa di riposo a Genova dove, dimenticato da tutti, morì il 30 ottobre 1958 e dove, come si diceva, riposa.
Come per altri artisti minori che, in vita, non ebbero riconoscimento nemmeno per sopravvivere, la sua opera andrebbe meglio studiata e presentata nella sua importanza al grande pubblico.
Giovanni Martinelli