Un lungo pensiero di don Vinicio Albanesi, una vita spesa per gli ultimi, per i più fragili, in un tempo devastante. Oggi la fragilità per don Vinicio è negli ospedali e nella vita di tutti: <Chi conosce i reparti di terapia intensiva sa – al di là delle buone volontà – che in quei luoghi si combatte per la vita contro la morte.
Nella solitudine: nell'ansia di sapere se c’è ancora un pezzo di respiro o la morte si sta avvicinando. Improvvisamente tutto è cambiato: sei un paziente in mano altrui.
Se sei vecchio la confusione è totale: senti il freddo dell’abbandono e degli aghi, cannule e caschi di cui sei pieno. Dopo le prime ansie, entrerai in una specie di zona grigia: anche con l’aiuto di qualche sedativo. Aspetti e puoi appellarti a chi vuoi, ricordando cose che ti sono più care. Intorno è silenzio e il muoversi di persone che vanno e vengono.
Non conosci nessuno; hai solo la possibilità di guardare gli occhi di chi fa qualcosa per te. Speri in un cenno di sorriso. Fino a che inizia l’agonia. Un periodo più o meno lungo di preparazione alla morte. Da quando sei partito, per giorni e settimane, sei rimasto solo, senza nessuno accanto.
Il virus è cinico e vigliacco. Sembra invisibile e invece è molto presente e diffusivo.
Nemmeno chi, con dedizione e sacrificio, ha rischiato per te; qualcuno ne è rimasto vittima, nonostante maschere e grembiuli. Sarebbe bello che l’angelo custode ti apparisse, ti parlasse per consolarti. Dovrai accontentarti di chi quotidianamente lotta per salvarti la vita: sono angeli anche loro.
Lo sforzo di tutelare chi è a rischio è alto.
Se il virus entra in luoghi resi fragili dalle condizioni fisiche delle persone è la fine. Di fronte a simili tragedie fa un po’ sorridere chi si preoccupa delle Chiese chiuse e delle Messe saltate. Si sono dimenticati di quante volte, pur essendo le Chiese aperte e le Messe celebrate, sono andati al mare o a fare la spesa. Fanno rabbia invece quanti sono superficiali e spocchiosi. Non riescono a stare nella propria casa per giorni: basterebbe pensare all’ipotesi di un ricovero in terapia intensiva per diventare più seri.
La vita è un bene preziosissimo e va tutelato sempre, soprattutto per chi ha condizioni deboli e residue. Le scene dei carri funebri in fila verso i cimitero o le salme accumulate in Chiesa, nel vuoto totale, fanno rabbrividire.
I morti sono abbandonati: per paura, per necessità, forse anche per disprezzo.
Eppure quelle persone morte in questi giorni erano cristiani, padri e madri, nonni e nonne, parenti. Non una Messa, una lettura biblica, una benedizione. Si potrebbero celebrare delle Messe per i defunti in streaming, ricordando i loro nomi, oppure una benedizione nei cimiteri prima dell’ingresso delle bare.
Il sospetto è che tutta l’attenzione è rivolta alla sopravvivenza. Sentimento insito nella natura, ma che deve essere gestito insieme all’anima.
Angelica Malvatani