Elio Libero Quintili nacque a Fermo il 6 maggio 1906. Dal padre Domenico (che come secondo nome gli dette quello di Libero), pioniere dell’automobilismo marchigiano poi convinto antifascista, assorbì lo spirito progressista, di ricerca, di innovazione.
Dopo gli studi all’Istituto industriale “Montani”, nel 1926 da Fermo si trasferì a Roma per frequentare il Liceo artistico. Nell’ambiente scolastico e in quello artistico romano, venne in contatto con alcuni protagonisti dell’avanguardia pittorica come Mario Mafai e Gino Bonichi; con Alberto Ziveri stabilì una profonda amicizia, partecipando ai circoli del futurismo.
Sempre con la voglia di crescere e innovarsi, nel 1931 decise di stabilirsi a Parigi, centro in quel tempo di ogni avanguardia, guadagnandosi la vita e la possibilità di studiare ancora lavorando saltuariamente come bozzettista, disegnando copertine di riviste, cartelloni pubblicitari, collaborando con periodici di moda.
Appena un anno dopo vinse il concorso per la realizzazione del manifesto ufficiale dell’Esposizione internazionale del cinema e delle industrie cinematografiche di Parigi. Questo successo lo fece conoscere nel mondo pubblicitario e della progettazione tanto che, tornato a Fermo, andò a Roma nello studio di Adalberto Libera, l’architetto simbolo del movimento razionalista (suoi i progetti, fra gli altri, del Palazzo dei congressi all’Eur e l’avveniristica Villa Malaparte a Capri), per collaborare come designer ai progetti dell’E.42, la grande Expo internazionale di Roma che non si realizzò per lo scoppio della guerra.
Tornato a Parigi e ripresi gli studi, nel 1945 si diplomò alla Scuola nazionale di belle arti e nel 1949 alla Scuola speciale di architettura diretta da quell’Auguste Perret, il pioniere del cemento, che lo volle al suo fianco nella ricostruzione post bellica di Le Havre. Deciso a rimanere a Parigi, in società con il giovane collega Jean Daniel Evette aprì uno studio di progettazione che, negli anni, si sarebbe occupato di importanti progetti per personalità in vista del mondo industriale, come le ville Berlier, Lacoste, Peugeot. Celebre (1966) il progetto alle porte di Parigi delle nuove officine Matra, la società di meccanica aerospaziale nel frattempo inseritasi nella produzione automobilistica, esempio di spazio industriale d’avanguardia. Si occupò anche di progettazione civile, di chiese, di prodotti per società illuminotecniche e d’arredo con lo scultore Guido Colucci.
Tornato definitivamente in Italia nel 1967, dedicò gli ultimi anni della sua vita alla pittura, ispirato particolarmente dalla campagna marchigiana, quasi un recupero della natura come spazio aperto dopo gli anni di lavoro nel contesto abitativo e industriale.
Morì a Cupra Marittima il 30 agosto 1988
Giovanni Martinelli