Nato a Porto Sant’Elpidio il 19 luglio 1896, il pittore Dante Montanari, protagonista non secondario delle vicende artistiche del ‘900, studiò a Osimo, dove il padre era preside, per poi trasferirsi, vista la sua naturale predisposizione artistica, a Milano, per frequentare l’Accademia di belle arti. Interrotti gli studì si stabilì ad Ascoli Piceno per lavorare nello studio dello zio Salvatore Ferranti, insegnante di disegno.
Partecipò alla prima guerra mondiale e, alla fine, dopo il matrimonio, si stabilì con la moglie a Bergamo, dove aprì un piccolo studio insieme al fratello Giuseppe, anch’egli pittore, e dove si inserì a pieno titolo nella società culturale del tempo, a contatto con esponenti dell’arte come Giacomo Manzù, con l’incarico anche di scenografo e costumista del teatro comunale.
Dopo una prima personale cinque anni prima, nel 1925 Montanari ebbe la prima affermazione, vincendo con l’opera San Francesco fra il lupo e l’agnello il primo premio al Concorso per il VII centenario francescano indetto dall’Angelicum di Milano. Quell’opera, destinata ai frati, fu da questi donata a Mussolini e l’autore si rifiutò di presenziare la cerimonia di consegna, e questo gli creò – come egli stesso scrisse – non pochi problemi.
Protagonista di personali e di decine di esposizioni in Italia e all’estero, più volte partecipante, con ottimi riscontri della critica, alla Biennale di Venezia, nel 1939 si trasferì a Milano, ancora premiato in varie esposizioni, presente in personali nelle maggiori gallerie, collaborando come critico al Corriere della Sera. Di natura schiva, non amò i salotti milanesi (non amo le conventicole, non scendo mai a patti. Da giovane passavo ore a parlare di arte e filosofia. Ma oggi la gente è diversa, il mondo artistico vanta più giocolieri che pittori. Tutto questo francamente non mi piace).
Amò dipengere le emozioni dell’animo, con un linguaggio semplice, onirico. Predilesse i paesaggi, quelli delle sue Marche e gli scorci di Bergamo, sua nuova patria, la vita semplice, le scene familiari, di madri con i bambini nella serenità del quotidiano, forse rimpiangendo la prematura perdita della madre e la mancanza di figli. Anche l’aspetto religioso fu trattato con serena austerità in alcune importanti opere (celebre la Via Crucis in 14 pannelli).
Le opere degli ultimi anni passarono dal rigoroso esempio della prima fase, a una visione più lineare e luminosa dell’osservazione, tanto da ipotizzare, come è stato scritto, che l'ultimo Montanari fosse ossessionato dalla fragilità della natura e dell'uomo.
Dante Montanari morì a Milano il 16 aprile 1989.
Ha scritto di lui Vittorio Sgarbi: l'universo è dentro di noi, inutile cercarlo altrove: questa era la convinzione di Montanari, questa è la misura costante che attribuisce alla sua pittura una naturale condizione lirica.
Giovanni Martinelli