Fulvio Belmontesi è stato uno dei protagonisti a livello internazionale dell’arte geometrica, in contatto con esponenti famosi come Bruno Munari e Luigi Veronesi, i teorizzatori post-futuristi dell’astrattismo come nuova forma di comunicazione fra arte e realtà.
Nato a Grottazzolina il 7 febbraio 1919, seguì la sua passione per l’arte studiando prima alla scuola d’arte “Minardi” di Faenza, poi all’Istituto d’arte “Roncalli” di Vigevano, località dove poi visse.
Appassionato di sport, fu campione di tennis di tavolo nelle fila dell’allora T.T. Vigevano, con il quale vinse nel 1955 il campionato nazionale a squadre, laureandosi anche campione italiano di doppio assoluto in coppia con Luciano “Ciancio” Noel Winderling.
Mente poliedrica, convinto assertore di un legame possibile fra l’arte razionale e le forme di creatività dell’industria, a Vigevano collaborò con l’industria calzaturiera locale sia come stilista sia come direttore di produzione, anche grazie all’amicizia dell’ex pongista compagno di squadra Giuseppe Molina, fondatore di una delle più grandi industrie di produzione di macchinari per la calzatura.
Indirizzatosi con convinzione verso la produzione artistica, dalla fine degli anni ’60 approfondisce la ricerca astratto-concreto, il legame fra arte e impresa. Le sue geometrie prendono corpo con originalità e personalità, tanto da farlo apprezzare come uno dei maggiori esponenti del concretismo lombardo.
Aderì al gruppo bresciano “Sincron” e nel 1972 debuttò con successo con una personale alla galleria Vismara di Milano presentato dal critico Luciano Caramel. Mentre la sua ricerca e la sua innovazione continuavano con ritmo crescente, seguirono altre mostre personali e collettive nelle maggiori città del nord, e la fondazione di una propria galleria a Vigevano, “il Nome”.
Le Marche, dove aderì al gruppo maceratese “Modulo”, lo scoprirono con ritardo, soltanto nel 1985 con una personale a Grottazzolina introdotta sempre da Caramel, e altre collettive in varie località, fino alla personale “Verifica come espressione” di Fermo del 1996.
Concreto, fantasioso, dinamico era solito ricordare che la sua origine marchigiana gli dare la spinta del fare, mentre l’educazione lombarda gli aveva donato la metodologia razionale necessaria al successo di ogni attività umana. Ha scritto di lui in una personale postuma l’amico concittadino e critico Domenico Pupilli: “Belmontesi ha seguito una linea coerentissima, pur nelle fasi sempre rinnovate della sua ricerca concretista. Tra i suoi raggiungimenti stilistici più originali è il ‘fare pittura con la linea’, cioè modulare il colore con un finissimo tessuto grafico. Polemico, non mancava di ribadire il valore culturale ed educativo dell’astrattismo; di contro, affermava la necessità del rifiuto dell’arte figurativa, intesa come retaggio del passato”.
Morì improvvisamente a Milano il 27 febbraio 2000 mente stava allestendo una nuova personale, “Decostruzione dell’oggetto”, presso la galleria “ArteStruktura”.
Giovanni Martinelli