Nell’elenco dei caduti fermani il suo nome non compare, lo ricorda solo la lapide sulla tomba, ormai abbandonata, nel cimitero di Fermo.
La nobile famiglia fermana dei conti Baccili si era da non molto trasferita a Bologna, e qui il 20 giugno 1890 era nato Cesare che, spirito intraprendente, dopo gli studi si era trasferito in America ma, allo scoppio della prima guerra mondiale, aveva risposto “con animo pronto e generoso alla voce della patria” arruolandosi.
Uscito dalla scuola come sottotenente di complemento d’artiglieria, chiese e ottenne di diventare avere. Dopo l’addestramento a Pisa, Busto Arsizio e alla Malpensa, ottenne il brevetto e fu assegnato alla neonata squadriglia di bombardamento, incaricata di incursioni nelle retrovie nemiche con i nuovi Caproni 40, i più grandi bombardieri del conflitto.
Scrisse il comando nell’assegnargli la medaglia d’argento al valore militare (agosto 1917): “ottimo e valoroso pilota d'aereoplano, calmo e sereno nel pericolo, dotato di nobile spirito di sacrificio, eseguì in poco più di un anno di servizio numerosi e lontani bombardamenti, sia di giorno, sia di notte, rientrando assai spesso coll'apparecchio colpito. In ciascuno di essi dimostrò in massimo grado entusiasmo, intelligenza e belle qualità di soldato”.
Non si sentiva eroe: in una lettera al fratello dopo i bombardamenti su Fiume e Nabresina che avevano danneggiato i convogli di rifornimento alle truppe austriache, si scherniva parlando di una “passeggiata sportiva” e non di vera azione bellica.
Il 4 e 5 ottobre 1917 prese parte allo storico raid alle Bocche di Cattaro, il bombardamento che danneggiò fortemente la forza navale austroungarica, assestando un colpo fatale alla flotta attiva lungo la costa adriatica. La sua determinante partecipazione all’azione gli valse una seconda medaglia, un bronzo al valore militare.(la motivazione: “su apparecchi terrestri, percorrendo un lungo tratto di mare aperto, in condizioni avverse, riusciva a raggiungere le Bocche di Cattaro ed a colpire con grande esattezza ed efficacia gli obiettivi navali, ritornando alla base, nonostante le deviaziani inevitabili nella crescente foschia”).
Le sue incursioni si intensificarono fra settembre e ottobre 1917 con l’obiettivo di costituire una forza d’urto contro l’avanzata nemica nel Veneto. Il 26 ottobre, durante la 12ª battaglia dell’Isonzo che portò alla disfatta di Caporetto, mentre volava a bassa quota per colpire obiettivi militari, fu centrato dalla contraerea nemica e, gravemente ferito, fatto prigioniero.
Un commilitone catturato insieme a lui raccontò che morì dopo un giorno di atroci sofferenze il 27 ottobre 1917 a Reavec vicino Gorizia.
Cesare Baccili “angelo ardente sul cielo di gloria, volava all’esterna pace” scrivendo il suo nome nell’albo degli eroi italiani del cielo. A cento anni dalla fine della guerra, Fermo dovrebbe ricordare anche lui.
Giovanni Martinelli