Nella cittadina tedesca gemellata con Fermo aprirà presto la fabbrica del futuro.
Nel 2009, all’inizio della grande crisi, il Centro Studi Carducci pubblicò uno studio intitolato Innovare per Crescere e dedicato alle sfide tecnologiche dei distretti produttivi fermani, quello della calzature naturalmente in primo luogo. Nel frattempo Fermo ha consolidato il gemellaggio con Ansbach attraverso numerose iniziative di scambio turistico e culturale. Mi ha quindi sorpreso apprendere dall’Economist la prossima apertura, proprio lì, di un’avveniristica fabbrica della Adidas in grado di produrre 500 mila paia all’anno.
Il fermano ha abbandonato da tempo il segmento delle scarpe sportive, ma le tecnologie e le logiche di mercato che Adidas intende mettere in campo sono di grande impatto anche per la produzione tradizionale. Conviene quindi prestare attenzione, specialmente da parte dei leader locali del settore, perché sembra che le regole del gioco saranno presto ridefinite.
L’obiettivo di Adidas non è solo quello di produrre a costi competitivi con quelli attualmente sostenuti in Asia, ma soprattutto la riduzione del time-to-market, ossia il tempo che intercorre tra la creazione del prodotto e il suo arrivo al punto vendita. Con le attuali tecnologie e filiere di approvvigionamento si parla di molti mesi, con la nuova fabbrica si punta a settimane o giorni. Non a caso si chiamerà Speedfactory.
La capacità di produrre con cicli brevissimi articoli di moda con forte richiesta, adattando quasi settimanalmente l’offerta, è alla base del successo travolgente di marchi che, dal niente e da zone periferiche, sono rapidamente divenuti dominanti nell’abbigliamento, come lo spagnolo Zara e l’ irlandese Primark.
Secondo l’ Economist, Adidas impiegherà 166 operai ad altissima specializzazione e produttività, rispetto alle migliaia attualmente necessarie (in gran parte dislocati in Asia). La fabbrica avrebbe forse potuto farla da noi, che eccelliamo in questo tipo di manodopera e credo che dobbiamo chiederci perché. Le tecnologie innovative che saranno impiegate non sono note nel dettaglio, ma si parla di stampanti 3D (Additive Manufacturing), CAD (progettazione computerizzata), CAM (robot guidati da software che possono passare da un modello all’altro quasi istantaneamente e produrre economicamente piccolissimi lotti), Computerized Knitting (tessitura e cucitura computerizzata). Solo alcune rifiniture saranno manuali ed affidate a maestranze di livello.
Insomma la concorrenza ai nostri calzaturieri potrebbe arrivare dalla Germania e non più dall’Asia, con investimenti che anche da noi si potrebbero tentare, perché abbiamo imprenditorialità, università e manodopera in grado di fornire le competenze necessarie.
Luca Romanelli – 20 gennaio 2017