Provo sincera pena per molti (quelli in buona fede) haters che avviliscono il dibattito pubblico, specie sulle reti sociali. I professionisti della rabbia che tanto riescono a bacare il loro cervello e distruggere ogni speranza li considero invece una minaccia seria per la democrazia e per il benessere di tutti.
La storia ce l’ha insegnato mille volte: la follia distruttiva e disperata chiama la repressione e la dittatura, che inevitabilmente conducono alla miseria.
I professionisti della rabbia hanno trovato, in tutto l’Occidente, un ricco filone per il loro business. Il meccanismo è oramai chiaro. Il target è una larga parte della classe media che si sente minacciata dalla precarietà del lavoro e dei legami sociali e la cui capacità critica è stata erosa da una scuola imbolsita, l’esaltata idiozia dei media e il venir meno di quei “corpi sociali intermedi” (partiti, sindacati, chiese, associazionismo) dove l’istinto irrazionale può essere disciplinato.
I professionisti della rabbia sanno bene come incendiare questa miscela, per arricchirsi coi loro siti, libri, giornali e procurarsi una carriera politica. Sono maestri nelle tecniche sleali di persuasione che Schopenhauer ha ben elencato nell’Arte di Ottenere Ragione, principalmente nella deformazione grottesca della realtà e delle tesi degli avversari. Instillano il sospetto e il pregiudizio. Usano con maestria i meccanismi istintivi di formazione del consenso. Promuovono classi dirigenti volutamente incompetenti, violente e prevaricatrici, accreditandone una falsa “origine dal basso”, mentre in realtà sono poco meno che marionette nelle loro mani.
I disperati e i webeti, quelli che per Umberto Eco non hanno più nemmeno un bar dove essere zittiti, si gettano con gioia nelle loro braccia, appagati per un po’ dallo sfogo del loro risentimento, dal sentirsi protagonisti in un mondo che li rifiuta. La spirale di radicalismo si autoalimenta così.
Quelli a cui la testa è rimasta sulle spalle e il così detto “establishment” devono pensarci bene. Barak Obama, nel suo stupendo discorso sullo Stato dell’Unione del 2015, propose una nuova “middle class economics”, fondata su investimenti e riforme nel campo dell’istruzione e dell’innovazione insieme al rafforzamento delle reti di protezione sociale. I leader repubblicani lo hanno ovviamente ignorato e si ritrovano Trump, loro malgrado.
Se chi beneficia della globalizzazione e dei monopoli economici chiude gli occhi e si affida al “si salvi chi può”, magari preparando la repressione, rischia di finire sulle forche.
Luca Romanelli - 8 Dicembre 2016