Il Carcinoma della mammella è il tumore più frequente nel sesso femminile ed è la principale causa di morte nelle donne occidentali fra i 40 e i 50 anni.
Ogni anno in Italia vengono diagnosticati 48.000 nuovi casi di tumore al seno con un’incidenza di 1:43 tra i 40 e i 49 anni, 1: 18 tra i 50 e i 569 anni e di 1: 22 tra i 70 e gli 84 anni.
Negli ultimi anni si è registrata una significativa riduzione della mortalità, soprattutto grazie ai progressi terapeutici e alla diagnosi precoce .
Sono stati identificati molti fattori di rischio come gli stili di vita (per esempio una alimentazione povera di frutta e verdura e ricca di grassi animali, il vizio del fumo, una vita sedentaria), l’età ( il rischio di ammalarsi di tumore alla mammella aumenta con l’aumentare dell’età colpendo prevalentemente donne di età > ai 40 anni), familiarità (le donne con parente di primo grado (madre, sorella, zia materna, figlia) affette da K mammario hanno una probabilità doppia o tripla di ammalarsi di tale neoplasia rispetto alla restante popolazione femminile) ed ereditaretà ( il 5-7% dei tumori al seno è legato alla presenza nel DNA di mutazioni nei due geni, BRCA1 e BRCA 2, che sarebbero responsabili della trasmissione ereditaria), pregressa patologia mammaria ( una donna che abbia sofferto in passato di un neoplasia mammaria è a rischio molto elevato per svilupparne un’altra nel seno controlaterale; cosi come donne con pregresso tumore dell’endometrio hanno un rischio di K della mammella quasi doppio rispetto a quello della popolazione generale), fattori riproduttivi ( è più frequente nelle donne nullipare ed in quelle con più lunga durata della vita mestruale ( menarca precoce e/o menopausa tardiva).
Le donne che hanno un gravidanza dopo i 30 anni mostrano un rischio doppio rispetto alle donne che partoriscono in giovane età e l’allattamento al seno per un periodo prolungato può costituire un fattore protettivo), fattori ormonali ( gli ormoni estrogeni sembrano in questi casi intervenire nel favorire il tumore della mammella ed in particolare alcuni ormoni estrogeni come l’estradiolo e l’estrone mentre un terzo ormone estrogeno, l’estriolo, avrebbe invece la capacità di contrastarne l’azione.
Questo spiegherebbe in parte perchè alcune condizioni come le gravidanze plurime, a partire dalla giovane età (che determinano nel sangue un più elevato livello di estriolo rispetto all’estradiolo e all’estrone) avrebbero un certo ruolo protettivo contro la malattia), radiazioni (donne sopravvissute ai bombardamenti atomici, a ripetute radiografie del torace e a radioterapia mediastinica per linfoma .
In considerazione del fatto che come per le altre neoplasia, non si conoscono le cause esatte del carcinoma mammario e anche la valutazione dei possibili fattori di rischio non porta a conclusioni univoche e a provvedimenti efficaci si è oggi giunti alla conclusione che la prevenzione primaria di questa malattia è praticamente impossibile.
Partendo da queste considerazioni e dall’elevata frequenza della malattia l’unica arma che abbiamo a disposizione per ridurre la mortalità del tumore più frequente nel sesso femminile è la prevenzione secondaria rivolta a tutta la popolazione femminile e soprattutto alle donne della fascia d’età più a rischio (>40 anni).
Sarebbe auspicabile che la prevenzione del tumore al seno cominciasse a partire dai 20 anni con l’autopalpazione eseguita con regolarità ogni mese (una volta al mese tra il settimo e il quattordicesimo giorno del ciclo.
Rispettare questi tempi è importante perché la struttura del seno si modifica in base ai cambiamenti ormonali mensili, e si potrebbero di conseguenza creare, in alcuni casi, confusioni o falsi allarmi.
È bene ricordare che, oltre agli ormoni, anche l'età, il peso corporeo, la familiarità e l'uso di contraccettivi orali influenzano la struttura del seno che, a volte, specialmente nelle donne giovani, si presenta particolarmente densa e difficile da valutare correttamente con l'autoesame): è compito di noi medici informare le donne sulle modalità di esecuzione e sugli obiettivi di questo autocontrollo, non finalizzato alla diagnosi ma alla “conoscenza“ delle proprie mammelle potendo fornire informazioni utili sul tempo di comparsa di una lesione, sulla sua evoluzione volumetrica nel tempo, con l’avvertenza di rivolgersi al medico qualora si notino cambiamenti significativi, persistenti al di là delle fisiologiche variazioni legate alla fase del ciclo mestruale.
E' indispensabile, poi, proseguire con la visita senologica annuale del seno eseguita da uno specialista senologo.
È una metodica semplice e indolore, effettuata nello studio del medico senza l'ausilio di particolari strumenti. Questo tipo di valutazione da sola in genere non è sufficiente a formulare una diagnosi precisa, ma può sicuramente essere utile per chiarire situazioni un po' sospette.
La visita senologica è l’esame di base in diagnostica senologica e deve essere l’occasione per parlare con la donna del problema “cancro della mammella”; fa parte integrante degli accertamenti diagnostici fornendo aiuto nell’interpretazione degli esami strumentali per questo motivo è fondamentale che venga espletato dal medico radiologo anche se la donna è stata visitata da altri specialisti.
Il senologo, prima di cominciare l'esame vero e proprio delle mammelle, si occupa dell'anamnesi, ovvero della raccolta di informazioni che potranno essere utili per formulare la diagnosi finale: eventuale presenza di casi di tumore del seno in famiglia, età di comparsa del primo ciclo mestruale e della menopausa, gravidanze, alimentazione, terapie ormonali (contraccettivi orali, terapie ormonali sostitutive in menopausa, eccetera). Solo dopo aver terminato questa fase il senologo può procedere con l'esame clinico propriamente detto che parte con l'osservazione e termina con la palpazione: il medico compie tutti quei gesti che ogni donna dovrebbe compiere mensilmente nel corso dell'autopalpazione.
Segue: Esami strumentali
Paola Campanella