La comunità scientifica è concorde sul fatto che il mondo si sta avviando verso una veloce trasformazione sotto il profilo climatico ed ambientale. Il nostro paese è nel complesso esposto a rischio sismico, in Italia infatti sono avvenuti negli ultimi 1000 anni oltre 30.000 terremoti, di cui 200 disastrosi. La conoscenza di complessi fenomeni della natura assume una notevole importanza per la programmazione delle attività umane all'interno degli scenari futuri sotto vari profili. Secondo gli scienziati il riscaldamento in Europa sta avvenendo più velocemente che in altre parti del mondo. Sebbene questo non provochi dappertutto gli stessi effetti, che possono variare a seconda delle condizioni climatiche, geografiche e socioeconomiche, è indubbio che nessuno Stato membro potrà sfuggire ai cambiamenti in corso. Le statistiche confermano che sono in aumento alcuni fenomeni meteorologici e geofisici estremi: nell’Europa meridionale e centrale si osserva una maggiore frequenza di ondate di calore, incendi boschivi e siccità, mentre in quella settentrionale e nordorientale si registrano precipitazioni e inondazioni più abbondanti, con un maggior rischio di erosioni costiere. A causa dell’intensificarsi di questo tipo di eventi è probabile che le catastrofi naturali assumano dimensioni più vaste, destinate a tradursi in ingenti perdite economiche, problemi di sanità pubblica e perdite umane. Le nazioni, le organizzazioni internazionali e le istituzioni non possono farsi trovare inermi all’evolversi di fattori che, di fatto, comportano la necessità di una rivoluzione culturale, ed una nuova preparazione della società all’auto-protezione ed alla “resilienza”. E’ proprio attraverso quest’ultimo concetto che i cittadini debbono poter sapere come affrontare il rischio. La “resilienza” è quella capacità di una comunità di affrontare in maniera positiva gli eventi calamitosi e traumatici, di superarli e di uscirne rafforzata o, addirittura, trasformata. Una caratteristica che nasce dalla consapevolezza dei nostri limiti nella percezione della realtà, e mette l’individuo nelle condizioni di reagire con flessibilità ai cambiamenti e alle difficoltà. E’ su queste solide basi che si sta costruendo, passo dopo passo, il percorso della Protezione Civile. La chiave di accesso per raggiungere questo traguardo a beneficio della collettività è la parola “conoscenza” che va inserita nel contesto di una adeguata cultura della sicurezza. Se si conoscono le dinamiche degli eventi calamitosi, si possono anche allontanare quelle paure generate dall’idea che si presenti un evento catastrofico capace di congelare la forza auto-protettiva nascosta in ogni persona. Il culmine di questo processo, apparentemente semplice, si raggiunge nelle situazioni in cui le è necessario attivare un atteggiamento di “problem solving”, di conoscenza applicata per prefigurare il risultato da ottenere e le relative modalità di azione. Una delle immagini simbolo di questa capacità dell’uomo di reagire agli eventi può essere quella degli impiegati negli uffici cinesi alle prese con forti scosse, capaci di tenere sotto controllo isterismo e panico e di mettere in atto tutte quelle procedure di sicurezza apprese nel corso del tempo. La Cina è un esempio limite di questa capacità di resilienza, ma molte altre nazioni si stanno già attrezzando, in troppe, invece, si preoccupano dell’evento calamitoso soltanto nella contingenza della catastrofe. Ma veniamo a situazioni più vicino a noi. Sono trascorsi più di sei anni dal terremoto da quel 6 aprile 2009: l’Aquila. Erano le 3 e 32 e in una manciata di secondi, una delle città più antiche dell’Italia, diventa l’epicentro di un sisma magnitudo 6.3. Nel capoluogo e in 56 paesi dell’Abruzzo, rase al suolo e danneggiate migliaia di case, infrastrutture, monumenti ed edifici storici. Bilancio definitivo 308 morti e approssimativamente 1600 feriti, di cui 200 gravissimi. Circa 80.000 sono stati, invece, gli sfollati e dieci miliardi di euro i danni stimati. I riflettori su quello che può essere definito un grande “show mediatico” delle prime settimane dal sisma si sono pian piano spenti nel tempo. E intanto, altri terremoti sono arrivati, e senza nessun preavviso. A Parma come a Reggio Emilia. Per fortuna erano abbastanza profondi (30 e 60 km contro i 10 de L’Aquila, dove la faglia è arrivata a rompere la superficie) e con una magnitudo massima di 5.4, di poco sotto alla soglia del danno. Forse dovremmo prenderli come un avvertimento che ci manda la Terra. Come se ci dicesse: “per favore, non aspettate la prossima tragedia”. Questi ultimi eventi vennero vissuti da tutta Italia subito con grande apprensione sull’onda dell’emotività che, trascorsa, lascia spazio ad una nuova fase ben più complessa e lunga fatta di necessità di organizzazione, riorganizzazione e supporto alle popolazioni colpite. I ricordi volano ad esperienze di Protezione Civile trascorse in tale periodo, è stato proprio in questo fragile passaggio che, anche in qualità di responsabile della Protezione Civile Intercomunale della Valdaso, oltre che di Comandante della Polizia Locale di sette Comuni, grazie all’immediata operatività dei circa 80 uomini del locale Gruppo di Volontariato, ed a una organizzazione efficiente che siamo stati in grado di metterci in gioco “adottando”, per circa tre mesi nel territorio costiero di Pedaso ed Altidona, ben 60 famiglie di quegli 80.000 sfollati che ci avevano raggiunto nella immediatezza dell’evento: un granello di sabbia rispetto ai grandi numeri, ma anche la nostra squadra di Protezione Civile ha potuto dare quel contributo di solidarietà che ci ha in qualche modo resi migliori. Mamme e papà senza più un tetto sotto il quale proteggersi, senza nulla, un capo di vestiario o beni di prima necessità. Intere famiglie con all’interno anche cardiopatici, diabetici, donne in stato di gravidanza, portatori di handicap e tanta tristezza dentro. L’intero territorio sensibilizzato, con a capo la nostra struttura, si è messo a disposizione per aiutare quelle persone in aggiunta ad una squadra di psicologi volontari, medici che gratuitamente fornirono visite in qualsiasi ore del giorno e della notte. Una forma di resilienza questa, che essendosi manifestata non tanto da chi aveva vissuto l’evento catastrofico, ma da quella parte di società che si era fatta carico con competenza e consapevolezza delle esigenze dell’altro, costruendo giorno dopo giorno, tra l’altro, nuovi rapporti umani ed una rete di protezione sociale andata oltre la normale erogazione di beni e servizi, con l’intento primario di restituire almeno una parte di quella serenità andata persa sotto quelle macerie. Furono diverse le iniziative di solidarietà promosse ed organizzate dal team per alleggerire le preoccupazioni e le tensioni personali con una serie di manifestazioni a cui furono invitati ed aderirono anche personaggi del mondo dello spettacolo con l’obiettivo di far integrare nel tessuto sociale locale quelle persone. Alcuni definirono i giovani del gruppo Volontari della Protezione Civile dell’Unione Comuni Valdaso “angeli custodi” degli amici dell’Aquila. Un ponte di solidarietà costruito poi anche in terra d’Abruzzo con una ulteriore iniziativa promossa al fine di supportare uno dei paesi, Castel del Monte, bomboniera d’arte nel cuore del Parco nazionale del Gran Sasso. A quell’idea aderì una nutrita delegazione di Amministratori locali e regionali, diverse pro loco, volontari e cittadini. Più di cento persone si recarono in questa terra martoriata per organizzare i festeggiamenti del rientro dei cittadini nelle loro abitazioni dalle tendopoli, portando un po’ di buonumore in quella località con una iniziativa organizzata all’interno del Centro Operativo Misto Com 6 gestito da Dipartimento Protezione Civile della Regione Marche per il sisma. Un evento che sancì il definitivo rientro delle persone nelle loro abitazioni. Esperienze di resilienza dalla doppia valenza quindi, quella di chi ha vissuto l’evento catastrofico e quella di chi ha modificato la propria quotidianità al servizio del prossimo con competenza e conoscenza su come e dove muoversi rispondendo alla mobilitazione con sincera vicinanza. Ricordo che analoga mobilitazione fu portata avanti con l’Emilia, quando partirono in due occasioni colonne mobili della nostra Protezione Civile verso le località colpite dal terremoto e le tendopoli che avevano richiesto sostegno con beni di prima necessità ricevuti grazie alla disponibilità e coinvolgimento delle aziende industriali fermane sollecitate e coordinate dal presidente della Piccola Industria di Confindustria Fermo. L’esperienza sul campo descritta e le problematiche che abbiamo dovuto superare ci possono far affermare con certezza che la solidarietà è contagiosa ma da sola senza una adeguata cultura della sicurezza, conoscenza, resilienza ed auto-protezione risulta debole e, a volte anche, nell’immediatezza degli eventi catastrofici, può anche mettere in difficoltà la macchina dell’emergenza.
Serenella Ciarrocchi
Dirigente Polizia Locale e Protezione Civile