Pedaso ha dato alla storia moderna d’Italia diversi uomini d’arme, il più noto fra questi il generale Bruto Bruti, che, dopo una brillante carriera costellata di successi, arrivò ai massimi vertici militari del giovane Regno d’Italia.
Nato a Pedaso il 26 gennaio 1835, a soli quattordici anni si arruolò volontario, frequentando la scuola militare a Firenze, città dove la famiglia era esule a causa delle idee troppo liberali per il governo pontificio delle Marche. Dalla scuola uscì nel 1856 con il grado di sottotenente dell’esercito granducale.
Ormai si stava compiendo l’unificazione nazionale e nel 1860, da poco promosso al grado di capitano, fu ammesso dopo l’annessione nel neonato esercito del Regno d’Italia, nel quale iniziò una folgorante carriera: maggiore dei bersaglieri nel 1874, tre anni dopo tenente colonnello, a 45 anni (nel 1880) colonnello. Fu impegnato in fatti di guerra, particolarmente si distinse nella battaglia di Custoza del 1866 nella terza guerra d’indipendenza, meritandosi una medaglia di bronzo al valor militare.
Nel 1894 ricevette la nomina a ispettore generale del corpo dei bersaglieri e appena tre anni più tardi, nel 1897, fu chiamato al prestigioso incarico di comandante generale dell’Arma dei Carabinieri. Ebbe riconoscimenti per il suo impiego anche in azioni civili, in particolare nella campagna contro il brigantaggio in Calabria negli anni che seguirono l’unità nazionale, meritando una medaglia d’argento al valor civile, riconoscimento che gli fu concesso ancora per il generoso impegno durante l’epidemia di colera che colpì la Sicilia. Durante il terremoto che colpì l’isola di Ischia, assunse il comando militare delle intere operazioni di soccorso.
Nonostante l’incarico di stato maggiore al comando dei Carabinieri, Bruti rimase fortemente legato all’arma dei bersaglieri, tanto da promuovere la costituzione del tuttora esistente Museo storico dei fanti piumati a Roma, a Porta Pia, luogo della memoria della storica presa della capitale nel 1870.
Per le sue doti e qualità militari ricevette ancora distinzioni e benemerenze, fra queste nel 1893 l’Ordine reale da parte dell’imperatore Guglielmo II di Prussia e la croce di grand’ufficiale dell’Ordine sabaudo dei santi Maurizio e Lazzaro.
Carico di onori, congedatosi e ormai in tarda età, si ritirò nella sua casa di Pedaso, morendo nella tenuta di Montefiore dell’Aso il 12 febbraio 1918, senza poter vedere la vittoriosa fine della prima guerra mondiale e, con essa, il compimento di quel risorgimento nazionale che lo vide fra i maggiori protagonisti militari.
Giovanni Martinelli