Dopo anni di attesa finalmente il Parlamento è venuto a capo di un problema che non poteva più attendere di ricevere un’adeguata e definitiva soluzione.
Mi riferisco all’angosciante problema della differenza di aliquota IVA sulle cessioni di origano, tassato malvagiamente al 22%, mentre le cessioni di prezzemolo, rosmarino e rucola scontano l’agevolazione del 4%.
Com’è possibile, si saranno chieste due senatrici PD, che nel ventunesimo secolo, dopo aver parificato i diritti tra le diverse razze, dopo aver spazzato via le discriminazioni religiose e con l’emancipazione della donna ormai definitivamente raggiunta, si continui a discriminare tra origano e prezzemolo ?
Ovvio che un intervento egualitario e perentorio si rendeva necessario.
Adesso o mai più.
Interrogazioni e interpellanze parlamentari non erano bastate per dirimere il problema tant’è che, ora, finalmente, l’annosa questione viene risolta con un bell’emendamento alla manovra finanziaria che così com’era uscita dalla prima lettura in Senato risultava, evidentemente, insipida.
Il complicato quesito al quale il mondo politico ha deciso finalmente di dare una risposta definitiva e certa, è se tutte le salse sono uguali di fronte alla legge. O se invece qualche erba, abbia qualche difetto che la rende geneticamente inidonea all’aliquota agevolata.
Morso dal terribile dubbio mi sono rifugiato in internet per capire il torto dell’erba tartassata ma scopro che l’origano, come spiega Wikipedia, è una delle erbe «più utilizzate nella cucina mediterranea, in virtù del suo intenso e stimolante profumo».
Tanto profumato da indurre il Fisco ad applicarci, almeno fino ad oggi, una tassa, per restare in tema, profumata.
Ho quindi provato a capirci qualcosa di più e mi sono accorto che nella tabella riepilogativa delle aliquote IVA agevolate al 4% troviamo la salvia, il rosmarino ed il basilico. Ma non l’origano.
Pertanto, secondo un’interpretazione dell’Agenzia delle Entrate, «pur convenendo che da un punto di vista tecnico-merceologico, appartiene alla stessa voce doganale di basilico, rosmarino e salvia, non essendo l`origano letteralmente menzionato dal legislatore al citato numero 12-bis della tabella A, alle cessioni di questo prodotto immesso sul mercato in buste sigillato a rametti o sgranato, si deve applicare l’aliquota Iva ordinaria».
Mi chiedo allora come faremo a trattare in modo fiscalmente corretto il caso di quelle bustine nelle quali le varie erbe aromatiche vengono mescolate insieme. Dovremo forse cogliere fior da fiore per tenere la contabilità IVA?
Ma no, niente paura, in nostro soccorso ed in favore della tartassata erba aromatica sono intervenute finalmente le due coraggiose senatrici che hanno tolto alla collettività nazionale intera l’insopportabile fardello di una legge tanto palesemente iniqua ed ingiusta.
Ma siccome le due encomiabili sono senatrici di questo straordinario Paese, non hanno proposto l’aliquota al 4%, uguale a quelle delle altre erbe consimili, ma un’aliquota di nuovo conio, semi agevolata al 6% perpetuando, così, il pasticcio fiscale.
Dato il periodo natalizio, il commento sotteso alla cronaca sopra riportata l’ho voluto lasciare vagamente sarcastico.
Naturalmente infierire sarebbe facile come sparare sulla croce rossa così come facile sarebbe chiedersi con quale senso delle priorità e delle urgenze nazionali si legiferi in Italia.
Ma visto che proprio non riusciamo a liberarci dai bizantinismi di cui evidentemente viviamo schiavi, propongo di fare una cosa molto semplice.
Copiamo quello che fanno all’estero.
Gli inglesi, per esempio, l’hanno fatta semplice: aliquota zero su tutte le erbe aromatiche, indipendentemente dal fatto che siano vendute come piantine, a rametti o in foglioline, fresche o essiccate.
Per l’amor di Dio.
Sul piano della cucina evitiamo di imitarli, gli inglesi.
Ma su quello fiscale, almeno per questa volta, per favore, copiamo da loro e non se ne parli più.
Marchetto Morrone Mozzi