Un dolore grande, assoluto, immenso.
Il dolore più grande per un padre che perde il proprio figlio, innaturale e assurdo.
Qualche volta però dal dolore nasce qualcosa di buono e un amore che si moltiplica all’infinito.
È la storia di Bruno Donzelli, oggi 83 anni, insegnante storico di ginnastica, un personaggio noto e amato in città.
Nel 1992 la tragica scomparsa del figlio Roberto, non aveva vent’anni ed era una promessa del salto con l’asta.
Bruno la sua storia non la racconta, è troppo impegnato a viverla, lo fa Valeria, la figlia più piccola: “In quell’anno papà faceva veramente fatica a capire da che parte ripartire, si è trovato ad accompagnare un’amica di famiglia in Kenia, è capitato così, per caso.
Quella volta si è fermato un mese, ha finito per comprarsi una casa e un terreno che valeva 400 mila lire”. Su quel terreno c’era una capanna, dentro un’infinità di bimbetti che ascoltavano una maestra e faceva scuola, così, senza niente.
È stato l’incontro che ha cambiato tutto e ha restituito a Bruno il senso della sua vita e l’impressione di essere lì per un motivo.
“Ha cominciato costruendo un pozzo, racconta ancora Valeria, e poi un’aula di quella che poi è diventata una scuola materna.
Ha cominciato a coinvolgere amici e conoscenti, ha cominciato a raccogliere fondi.
Negli anni le aule sono diventate tre, la scuola ha preso il nome di mio fratello Roberto ma è stata anche indicata come Firmum School a Majengo, per legare la città che papà ama a quella terra dove non c’è niente e si ha bisogno di tutto”.
Negli anni c’è stato chi ha regalato a Bruno risorse e idee, manodopera e impegno, lui c’è sempre stato, lavora fino a stancarsi, anche oggi che ha passato da un po’ gli 80 anni e gli acciacchi cominciano a farsi sentire, oggi che è nonno di due piccoli che adora.
In questi giorni è in Kenia, dalla sua gente, tornerà a fine mese dopo aver fatto qualche altro piccolo lavoro.
Alla scuola ci sono tre maestre assunte e un preside che invece si impegna gratis, ci sono i giochi per i bambini e da qualche tempo c’è pure la mensa: “Ci siamo accorti che i piccoli arrivavano scalzi, a piedi, e restavano senza mangiare fino al pomeriggio.
Abbiamo organizzato anche una mensa, c’è una cuoca, per i piccoli è tutto gratis e ne sono arrivati oltre 110”.
La scuola costa tre mila euro l’anno, c’è chi manda a Bruno tutti gli anni la tredicesima, chi gli mette in una busta anonima 500 euro e poi c’è il suo lavoro e tutte le risorse che può.
C’è un angolo di Fermo nel cuore dell’Africa e un uomo che non cerca onori e che sta facendo la sua parte per cambiare il mondo, un pezzo per volta.
In pochi sanno di questo suo progetto, non ha mai fatto pubblicità e anche questo spazio sarà per lui una sorpresa.
È una storia però che è diventata troppo grande per restare senza testimoni.
“Gli dico tante volte di riposarsi, che ormai la sua parte l’ha fatta, spiega ancora Valeria, non si ferma perché ormai quella gente e quei bambini sono parte della sua famiglia.
È straordinario vederlo parlare con loro, in fermano stretto, eppure si capiscono tutti benissimo, la lingua del rispetto e dell’amicizia è senza confini e mio padre la conosce benissimo”.
Angelica Malvatani