Gioconda «Joyce» Salvadori, più nota con il cognome da sposata Lussu, scrittrice, traduttrice, storica, nacque a Firenze da genitori fermani, entrambi con ascendenze inglesi, l’8 maggio 1912. Il padre, docente universitario antifascista, nel 1924 fu costretto aa andare in esilio in Svizzera e per Joyce, la più piccola di tre fratelli, cominciò la peregrinazione che la porterà in giro nel mondo. Dinamica, vogliosa di conoscenza e di esperienze, si formò agli interessi della famiglia per la cultura e l’impegno politico. Diplomatasi da privatista al classico diFermo, seguì le lezioni del filosofo Karl Jaspers a Heidelberg ma, al sorgere del nazismo, si trasferì in Francia dove si laureò in lettere alla Sorbona di Parigi ea Lisbona, per la laurea in filosofia. Nei suoi frequenti viaggi, sarà in Africa, cosciente dei problemi del terzo mondo sfruttato dal colonialismo, della bellezza di un paesaggio da salvaguardare, della necessità di un confronto alla pari dell’umanità. Alla fine degli anni ’30, mentre il mondo preparava la grande tragedia della guerra, dopo lunghi viaggi alla scoperta del terzo mondo coloniale e sfruttato, crebbe in lei l’impegno politico fino all’adesione, insieme al fratello Max, al movimento «Giustizia e Libertà» nel quale conobbe Emilio Lussu, che sposò e con il quale condivise gli anni dell’esilio, della lotta antifascista clandestina,dell’attività partigiana nella Francia occupata dai nazisti, in Spagna, Portogallo, in Inghilterra. Promossa capitano, dopo la guerra ricevette la medaglia d’argento al valor militare. Raccontò questa straordinaria esperienza nel suo Fronti e frontiere (1946), ma la sua attività di scrittrice era iniziata anni prima con il libro Liriche (1939), curato da Benedetto Croce. Sempre impegnata socialmente e politicamente, aderì al Partito d’Azione, fu tra le fondatrici dell’Unione Donne Italiane, fece parte della direzione nazionale del Partito Socialista Italiano, ma, spirito libero, preferì battersi in prima persona per la libertà, l’antifascismo, la solidarietà. Fu vicina ai problemi del terzo mondo, del quale incontrò le espressioni culturali più alte. Nei suoi viaggi si confrontò con le culture degli emarginati, partecipando alle mobilitazioni contro la persecuzione politica, in particolare a favore del popolo curdo come scriverà nel suo Portrait. Fu vicina ai giovani, credendo in loro come futuro positivo del mondo, e sempre più lontana dalle istituzioni, dagli equilibri della politica, dagli schemi organizzati. Traduttrice di autori dell’avanguardia orientale, su tutti del maggiore poeta turco, il perseguitato Nazim Hikmet, scrisse della sua terra, delle sue origini, parlò di streghe e leggende, lesse socialmente l’evolvere della storia. Nella sua lunga attività pubblicò decine di testi, altri uscirono postumi. Morì a Roma il 4 novembre 1998. Giovanni Martinelli