Quando nel 1868 l’Arcispedale romano di Santo Spirito decise di decorare la sua galleria con i busti dei maggiori medici della storia, fra questi inserì anche Andrea Bacci. Nato a Sant’Elpidio a Mare nel 1524 dall’ingegnere milanese Andrea, impegnato nella fabbrica della nuova basilica di Loreto, e da Riccadonna del ramo elpidiense dei Paleologo, già imperatori di Bisanzio, dopo aver studiato medicina a Siena ed essersi laureato a Roma, Bacci ebbe per breve tempo una condotta a Serra San Quirico ma, grazie alla protezione del suo concittadino Modestino Cassini, archiatra pontificio di Paolo V, ottenne la cattedra di botanica all’Archiginnasio di Roma. Più che medico fu scienziato e ricercatore, e si occupò principalmente delle acque. Il suo trattato De Thermis, stampato in prima edizione a Venezia nel 1571, resta, a distanza di secoli, una pietra miliare nello studio elle acque, delle loro qualità curative, delle specifiche applicazioni terapeutiche. L’eco fu tale che l’opera venne ristampata più volte in pochi anni (l’ultima edizione,postuma, è del 1711 a Padova) e il Bacci fu nominato archiatra pontificio di Sisto V e aggregato al Reggimento capitolino (1576: da allora usò firmare nelle sue opere «philosophus, medicus elpidianus et civis romanus»). Tuttora le sue ricerche in campo termale sono apprezzate e riconosciute come prima vera attribuzione della dignità di «terme»: già nell’800 le terme di Fiuggi si pubblicizzavano con le sue parole; i visitatori ell’ampio salone delle terme di Salsomaggiore possono ancora leggere intorno al cupolone le sue parole «Thermae magna pars medicinae sunt». Sullo stesso argomento scrisse altre opere, trattando delle acque di Tivoli, delle terme delle località presso Roma, dei bagni bergamaschi, delle fonti anicolane, ma si occupò anche del Tevere con un trattato ngegneristico contro le sue esondazioni. Scrisse trattati sulle pietre preziose, sui veleni e sui loro antidoti, sui medicamenti in generale, ma in tarda età si dedicò ad un’altra opera monumentale destinata anch’essa a dargli fama eterna. Nel 1576 dette alle stampe la poderosa De naturalivinorum istoria, un eccezionale trattato sulla storia del vino, sui metodi di coltivare l’uva e vinificare, sull’usocurativo e sulle controindicazioni del vino, su tutte le uve e i vini conosciuti in Italia e nel mondo, sul modo di apprestare la tavola e abbinare il vino alla pietanza. Il più grande trattato di enologia giunto fino a noi, scritto in capitoli secondo la moderna concezione della guida turistico-enogastronomica, nel quale per la prima volta nella storia si parla dello «spumante», e non se ne abbiano a male i francesi. Colmo di onori, Andrea Bacci morì a Roma il 25 ottobre 1600 e fu sepolto in San Lorenzo in Lucina. Giovanni Martinelli