Colgo l’occasione, innanzitutto, per ringraziare il senatore on.le Mario Baldassarri per l’invito rivolto al nostro Centro Studi a partecipare e portare il contributo in questo autorevole contesto. Mi complimento, inoltre, per un’iniziativa che, finalmente, dà voce e possibilità di reciproca conoscenza a tutte quelle forze della società civile che costituiscono quel tessuto operoso che rappresenta, specialmente in momenti difficili come quello presente, una rete di protezione e di salvaguardia delle energie sane e propositive del nostro Paese.
Che senso ha oggi in questo contesto parlare di Neo Umanesimo oggi? Va fatta una premessa necessaria per comprendere le ragioni di questa urgenza umana.
L’intera Europa, l’Occidente attraversano un momento epocale, una crisi senza precedenti che non è soltanto economica e finanziaria, ma è soprattutto etica e politica. La centralità dei valori umani, come parametro di equilibrio delle scelte politiche, culturali, sociali è stata sostituita da quella dei valori economici, assolutizzati in una dimensione di globalizzazione dei mercati in cui tutto ha un costo- e purtroppo anche l’uomo stesso- viene mercificato. Sono stati artificiosamente moltiplicati i bisogni primari dell’uomo a cui sono stati aggiunti quelli indotti per potenziare i consumi, in maniera tale che la dimensione dell’ Avere ha sopraffatto quella dell’ Essere. E’ noto come la soddisfazione dei bisogni primari sia funzionale all’Uomo per soddisfare quelli ben più elevati di ordine spirituale. Ma oggi tale dimensione spirituale e metafisica sparisce dall’orizzonte umano, ridotto quasi esclusivamente a quella materiale. L’uomo non è più al centro del sistema ma diventa strumento funzionale agli ingranaggi dell’economia e della finanza globale. Tuttavia tutto questo non ha potuto sopprimere la cifra caratteristica della creatura umana: la consapevolezza della sua natura finita che apre prospettive all’infinito. La sua dignità di creatura libera e pensante riemerge con forza dalle macerie, trova espressione nei nostri tempi anche attraverso il disagio esistenziale profondo così diffuso nella società odierna a tutti i livelli. Si tratta di una chiara risposta al bisogno negato che soprattutto in questo momento di crisi, riemerge e si impone con prepotenza.
E’ una profonda ricerca di senso che spinge a guardare il futuro, cercando indietro nel passato quei valori che possano illuminare il cammino. Le radici storiche, religiose e culturali europee sono state rimosse dalla coscienza collettiva, da un pensiero che ha visto l’eredità del passato, come un fardello pesante di cui liberarsi. Mentre senza il passato non può esservi il futuro, perché non c’è consapevolezza della propria identità. Pensare storicamente è molto di più che possedere un’erudizione storica: è questo ciò che ci rende in grado di valutare il presente senza vacillare e con giudizio critico.
Ora più che mai il richiamo ad un Neo-Umanesimo, può suonare attuale. Non si tratta di accenti culturali retrivi, né di nostalgici richiami al passato. Il pensiero storico può aiutarci a scoprire nella nostra cultura e tradizione quei valori e quei “semi” che hanno fatto la grandezza del nostro Paese in un’epoca come il Rinascimento, ma che possono tornare a germogliare anche ora, perché appartengono alle nostre più profonde radici culturali. Nel Cinquecento la nostra penisola era il centro da cui si irradiava in tutta Europa la nuova cultura, l’Umanesimo con tutte le sue espressioni artistiche, letterarie, filosofiche ma anche politiche. Fu un’epoca di grandi riforme istituzionali: come non pensare a figure di principi e mecenati illuminati come Lorenzo il Magnifico?
Certamente il Rinascimento è stato il risultato della congiuntura di più eventi favorevoli, ma un fattore è stato innegabilmente determinante: il bisogno di riscoprire la vera eredità classica, le radici culturali greco-romane, non solo nella loro veste filologica originale ma anche come sistema di valori, di miti e verità eterne, in grado di restituire armonia ed equilibrio, ancor prima che nell’Estetica, alla dimensione umana, al rapporto tra l’Uomo ed il Creato, in una dinamica speculare tra macrocosmo e microcosmo.
Ogni crisi ha il duplice volto di ombra e di luce: si ha sempre più chiara la percezione che il momento che stiamo vivendo è una fase di transizione che prelude a nuovi scenari, sicuramente migliori. Sul piano politico ed ideologico il Novecento ha assistito a grandi sconvolgimenti: i conflitti mondiali, l’avvento dei regimi totalitaristi e delle ideologie, il blocco Usa-Urss, la guerra fredda, ma anche la perestrojka, la glasnost, la caduta del muro di Berlino. Un sistema di certezze è crollato, lasciando vuoti pericolosi che non sono stati riempiti da valori in grado di restituire senso ed equilibrio alla dimensione umana. In questo vuoto hanno attecchito il consumismo senza regole, l’economia globale sempre più sganciata dal reale e dall’etica e da ultimo, la finanza spregiudicata in grado di spostare con un click cifre di milioni di euro e dollari da un punto all’altro del pianeta. Ci si chiede ora quali scenari istituzionali e politici si profilino all’orizzonte.
Cosa fare allora? Come contribuire al recupero di un nuovo equilibrio, in una società sempre più confusa, disorientata, frastornata e bombardata da una messe di informazioni che si susseguono con continua rapidità? Rimettendo al centro l’Uomo e la sua dignità di creatura libera e pensante, dotata di autocoscienza. Da qui allora bisogna ripartire, rivolgendosi alle coscienze avvolte dal torpore che vanno risvegliate, ricordando cosa è l’Uomo e quale è il senso dell’essere umano. Solo restituendo all’Uomo il ruolo che gli compete, può cambiare il sistema in maniera sostanziale e duratura.
Come operare questa piccola “rivoluzione” silenziosa delle coscienze? Anche in questo ci sovviene in aiuto la storia, con esempi illustri come quelli dell’umanista olandese Erasmo da Rotterdam a cui si ispira la missione del nostro Centro Studi che rappresento in questa sede e di cui ho assunto da circa un anno la Presidenza Regionale. Il Centro Studi nasce da un’idea del prof. Don Mario Ferracuti, già docente di pedagogia presso l’università cattolica di Milano, con lo scopo di diffondere, sull’esempio dell’umanista e fine letterato olandese, i valori sempre attuali di un Nuovo Umanesimo.
Erasmo si trovò a vivere nel Cinquecento, un secolo di sconvolgimenti epocali: le scoperte geografiche avevano dilatato i confini del Mondo, aprendo le porte verso l’ignoto, la rivoluzione copernicana aveva incrinato la certezza che la terra fosse al centro del cosmo, le scoperte anatomiche avevano svelato all’occhio umano i segreti del corpo umano e il suo funzionamento come una macchina, Lutero con la riforma aveva scosso la più profonde verità e i dogmi della Chiesa Cattolica. Tutta la cultura e la società europea erano state investite e pervase dalla messa in discussione delle sue fondamenta, dei suoi assetti secolari. L’Umanesimo, in questo contesto, viene chiamato a ridefinire il rapporto tra l’uomo ed il mondo, a ridisegnare gli equilibri tra Creato, Creatura e Creatore, a riscoprire in una luce nuova le verità originali, nella loro forma più pura, anche filologica e documentaria. Erasmo visse pienamente e profondamente il suo tempo, confrontandosi con i cambiamenti epocali – come la Riforma luterana- all’interno di un sistema di valori e certezze, ma in maniera consapevole, libera e critica. Allo studio dei classici, Erasmo dedicò gran parte della sua esistenza e sulla base del fortunato topos cinquecentesco della follia diede vita alla sua opera più celebre in cui la natura e la vita umana in tutta la loro grandezza e miseria sono protagoniste.
Anche noi, oggi, viviamo in momento di sconvolgimenti epocali: la scienza e la tecnica hanno raggiunto traguardi impensabili solo pochi decenni fa- basta pensare alla genetica, alla medicina molecolare-; la comunicazione digitale rapida – da Internet alle chat, ai social networks- ha dilatato virtualmente i confini del mondo, ha abbattuto con un click latitudini e longitudini della sfera terrestre, modificato le relazioni umane e sociali- sempre più impoverite e alterate da una dimensione virtuale, irreale, analogica in cui si perdono i confini dell’identità vera. Soprattutto è qui sta il punto chiave, negli ultimi decenni un consumismo sfrenato ed oggi una finanza spregiudicata hanno pericolosamente riempito quel vuoto etico, lasciato dalla destrutturazione del sistema di valori della civiltà occidentale. Bisogna impegnarsi per ricostruire, per colmare il vuoto etico perché il momento morale è l’elemento fondamentale di ogni costituzione politica e sociale.
Con questo obiettivo pedagogico ed etico, il Centro porta avanti la sua attività culturale che si articola annualmente in cicli di conferenze a tema, convegni, seminari, progetti didattici, con intenti formativi a vari livelli: per i giovani in collaborazione con le scuole ed altre associazioni attive nel campo della formazione, per gli adulti ed in particolare per i professionisti (gli ordini professionali sono vicini al nostro centro, in quanto la deontologia professionale, come è noto, è riconducibile ai più recenti studi del campo pedagogico, per tale ragione molte nostre iniziative, come il ciclo di incontri sulla bioetica sono patrocinate dagli ordini degli avvocati e dei medici della provincia di Fermo e riconosciute come formative sul piano professionale), per gli anziani, considerati come preziosa risorsa nella nostra società, in un contesto di scambio e solidarietà tra generazioni. L’attività culturale oltre a formare le coscienze ed a sviluppare strumenti critici di lettura della realtà, è legata alla qualità di un territorio: dove la cultura è diffusa, fioriscono anche migliori condizioni di vita sociale ed economica.
Cicli di incontri e conferenze che pongono al centro del dibattito, il tema della dignità della vita umana, colta in ogni sua espressione e fase: temi con la bioetica – ed in particolare la tutela della vita nei suoi primi stadi embrionali- con attenzione al rapporto tra scienza e morale, la solidarietà e l’incontro tra generazioni (giovani ed anziani), la formazione etica dell’uomo, colto nella sua dimensione sociale, anche politica, sono alcuni degli argomenti di cui il nostro centro si occupa. Proprio ieri si è svolto a Porto S. Giorgio, presso la sede del David Palace Hotel, il primo appuntamento dedicato al tema dei sette vizi capitali con l’analisi della Superbia, vista in chiave moderna attraverso lo studio dell’autorevole studiosa di pedagogia, Carla Xodo, docente presso l’università degli studi di Padova, presidente e socio fondatore del Cirped- Centro Italiano di Ricerca Pedagogica. La Superbia è la Regina dei Vizi, per questo raffigurata con una testa coronata e come una sovrana mette se stessa al di sopra degli altri, perdendo il senso del limite e del giudizio razionale della realtà. Perché parlare oggi dei Sette Vizi Capitali?
L’idea di incentrare una parte del nostro programma di quest’anno su questo tema, riletto in chiave moderna, non nasce dall’intento di chiudersi in una visione reazionaria e peccaminosa della società attuale, ma dal bisogno di risvegliare le coscienze oggi spesso “anestetizzate” da un relativismo pervasivo– perché, come dice lo stesso Erasmo “il male che non viene percepito come tale, è il più temibile e pernicioso”. Si annida nelle nostre coscienze in maniera silente e per questo ancor più pericolosa negli effetti che determina sul modo di agire e di pensare. Basta pensare ad un esempio concreto: quando si parla di vizi oggi, l’associazione è immediata con la dimensione materiale del corpo umano – il vizio del bere, del fumare, del mangiare- ma mai con quella spirituale. Un impoverimento che è evidente anche sul piano linguistico e semantico, ma spesso senza che vi sia coscienza di ciò, tanto è diventato comunemente accettato.
Un Neoumanesimo che intende ricostruire e diffondere nella cultura, nella scuola, nel sociale, nella politica un messaggio positivo e valori di riferimento etico e pedagogico laddove nella società del postmoderno, tutto è stato destrutturato, lasciando un vuoto etico pericoloso, un’assenza di scopi e significati che può essere riempita da prospettive illusorie e false certezze. Non bastano proclami politici a cambiare la società, innanzitutto va cambiato l’uomo. “Un Ministero dell’Istruzione vale cento Ministeri dell’Economia”, affermava con la veemenza che gli era propria il cardinale Ersilio Tonini, nel corso di una conferenza tenuta al Centro Congressi di Fermo, in cui con la capacità visionaria dei mistici aveva delineato decenni fa, lo scenario attuale.
Nell’epoca del Post-Moderno in cui viviamo, ci troviamo a fare i conti in ogni aspetto del vivere sociale- dalla politica, alla cultura, all’economia – con le conseguenze e le macerie lasciate dietro di sé dall’idea dominante di “decostruzione” per cui la cultura occidentale – quella delle origini, anche cristiane del nostro continente- è stata vista come un fardello di cui liberarsi, un vincolo pesante da sciogliere. Ma dopo tale processo decostruttivo –purtroppo ancora in atto-, il panorama che si è rivelato davanti ai nostri occhi, è stato a dir poco, desolante: un vuoto etico che ha comportato, non solo la perdita di valori fondanti del vivere sociale ed umano, ma anche un pericoloso relativismo in cui tutto perde il criterio di oggettività. Verità, significati, fatti e valori: tutto oggi è diventato negoziabile. Tutto è lecito e rivedibile, anche ciò che non lo è, per evidenza intrinseca ed oggettiva. A fronte di tale processo di decostruzione (particolarmente evidente in ogni aspetto della cultura postmoderna: dall’arte, al linguaggio, alla comunicazione, agli usi e costumi sociali) , si rende necessario ed urgente “ricostruire”, appellarsi proprio a quelle verità oggettive, tanto scomode ed invise al pensiero relativista, viste sotto la luce nuova dell’epoca in cui ci troviamo a vivere.
E’ chiaro che l’esperienza politica maturata in contesti istituzionali al di fuori del Centro Studi “Erasmo da Rotterdam”, si riversa inevitabilmente sul ruolo attualmente ricoperto. Fare politica come Sindaco, ha significato essere vicino ai problemi quotidiani della gente: i sindaci sono in prima linea nelle comunità locali e rappresentano il primo punto di riferimento per il cittadino.
L’esperienza politica ed amministrativa porta con sé quella umana, al punto che, per chi ha vissuto quotidianamente la realtà politica locale, il richiamo a contenuti etici in politica, non suona come retorica ridondante e obsoleta, ma come unico vero sistema di valori a cui ispirare il proprio operato di amministratore: la burocrazia, il ginepraio – sempre più fitto- di norme, vincoli a cui gli enti pubblici sono sottoposti, finiscono spesso per strangolare chi amministra, facendo perdere di vista l’unico vero scopo della politica: la missione e il servizio per il bene della comunità.
La politica è coinvolta da una crisi generale che sta minando le sue fondamenta ma una nuova classe dirigente ed un modo nuovo di fare politica non si improvvisano: la formazione etica, culturale – oltre che quella tecnica ed amministrativa, devono diventare sul piano della “pedagogia politica” momenti imprescindibili per chi aspira a guidare la comunità pubblica. Statalismo, corruzione, partitocrazia, sperpero di denaro pubblico, ancor prima di essere limiti politici, sono limiti etici, frutto della mancanza di un sistema etico forte e di una cultura politica solida. Abbiamo assistito in alcuni casi anche al progressivo scadere della dialettica politica, diventata più una guerra di interessi personali che un confronto elevato e propositivo. In questi ultimi anni è invalsa l’idea distorta che ci si poteva improvvisare “politici” senza un percorso fatto di sacrifici, di impegno, di anni di esperienza. E’ sparita la dimensione del percorso pedagogico, fatto di tappe formative, risultati di anni di esperienza e di confronto.
E’ necessario allora impegnarsi per la costruzione di nuovi solidi contenuti e di contenitori adeguati ad esprimerli sul piano concreto, perché in un processo di rinnovamento, la ridefinizione del sistema di valori, implica sempre parallelamente quella di nuovi uomini e strumenti diversi.
Da qui bisogna ripartire ed il nostro Centro, con iniziative concrete cerca di svolgere la sua missione formativa in tal senso. Si affianca nel suo lavoro ad agenzie educative- per dirla in termini tecnici- abilitate come la scuola, l’università, i centri educativi. L’attività del centro oltre ad essere diffusa nel territorio fermano, si sta ampliando ad altre sedi del territorio regionale marchigiano e si articola in più regioni: ad esempio la Basilicata ha un centro studi “Erasmo da Rotterdam” particolarmente attivo.
Sul piano politico urge un rinnovamento etico ma va recuperato l’alto senso della missione politica. Non va dimenticato che la politica per sé è un bene: è un atto di servizio e di amore per la collettività sociale, è anche un dovere per il cittadino. Il valore dell’agire politico non si misura esclusivamente dalla successo e dal vantaggio reale: questi a volte possono anche mancare, ma ciò che è fondamentale per una “buona politica” è la rettitudine, la moralità, sono le intenzioni ed i fini che si propone il soggetto che agisce politicamente. Va ricordato, come scriveva Luigi Sturzo in un articolo del 1942 che “la politica non è una cosa sporca perché lavorare al bene di un Paese, di una Provincia, di una città, di un partito o di una classe è fare del bene al prossimo riunito in uno Stato, o città, provincia, o classe o partito”. Ma il bene comune non può prescindere dal bene morale. Se l’utile, è veramente l’utile di tutti - e non di un singolo o di pochi – allora coincide col bene comune. Come restituire alla politica la sua dimensione etica? La moralità presuppone la maturazione di una coscienza che deve essere educata, illuminata, formata alla riflessione, nutrita dalla cultura, dall’esperienza in un clima di libertà, in grado di fornire una solida guida interiore per discernere ciò che è bene da ciò che è male. Il nostro Centro Studi cerca di portare il proprio contributo in tal senso, attraverso incontri formativi, mirati soprattutto a riflettere sul significato dei valori morali nel nostro agire quotidiano, nel tentativo di restituire una coscienza critica e costruttiva nei confronti del reale. Il metodo pedagogico affinché la morale ispiri all’agire politico non può prescindere da tre punti chiave: il rigore morale, la competenza professionale (in politica non ci si improvvisa, va posseduta una competenza tecnica, specifica e va unita ad essa l’esperienza), la passione non per l’onore personale o per la gratificazione di pochi.
Sicuramente i criteri sulla base dei quali va formata e selezionata la classe dirigente necessitano di una seria revisione…(spesso oggi valori importanti come la fiducia e la lealtà vengono ridotti alla mera condiscendenza formale che ha creato tutta quella pletora e generazione ipocrita e perniciosa di “Yes men” che permea a vari livelli la classe politica ed i partiti). Oggi si moltiplicano i corsi di comunicazione e marketing politico: viene insegnato ai politici, come presentarsi, come accompagnare al linguaggio delle parole quello del corpo per veicolare in maniera efficace i messaggi, come gestire ed organizzare campagne elettorali; si tratta di tecniche sempre più avanzate, di meccanismi studiati fin nei minimi dettagli, affinché la comunicazione possa essere persuasiva e creare consenso. Tutto questo non va certamente demonizzato in sé: comunicare è importante, Erasmo da fine letterato, è attento alla purezza linguistica, alle forme espressive della retorica dei classici, ma l’armonia e l’equilibrio della retorica classica, viene usata non come forma vuota, come un orpello di eleganza del discorso, fine a se stesso, bensì come la riscoperta delle verità e dei modelli eterni della classicità di cui quelle forme sono corrispondente espressione.
Creare consenso non significa necessariamente ricorrere alle tecniche più sofisticate per “manipolare” più o meno consapevolmente, più o meno in buona fede, i cittadini. In realtà, il consenso politico, quello vero, riposa su processi di una semplicità disarmante, se si recupera la vera dimensione etica della politica. Si tratta di creare un nuovo consenso generale e condiviso, partendo da un sistema chiaro di valori che va ricostruito dal basso, dal “locale”, partendo dalla rivalutazione dei modelli quotidiani, che fanno parte della nostra tradizione, non dimenticando mai che una classe dirigente è, in ogni caso, espressione della società civile. Modelli che fanno appello ad una cultura della responsabilità, del dovere, del sacrificio e del buon senso, in cui la rivalutazione del valore del sacro e del bene comune trovano nuovamente il giusto spazio. Come trovano voce il passato, la tradizione e la memoria.
Il recupero della tradizione, lo scambio di esperienze e di saperi tra generazioni, è al centro del progetto didattico che stiamo portando avanti in questo anno, come Centro Studi “Erasmo da Rotterdam”, esteso alle scuole delle province di Fermo, Macerata ed Ascoli Piceno, in occasione dell’anno europeo dedicato a questo tema.
Un cultura in cui l’anziano è sinonimo di guida saggia ed esperta, di modello di vita vissuta a cui far riferimento e da rispettare. Mentre spesso oggi l’anziano, che è fuori dal circolo produttivo e quindi consumistico, che porta con sé i segni della vecchiaia, viene accantonato: la vita nella sua scansione naturale di cui è parte anche la vecchiaia viene alterata e dai media ci viene proposta l’immagine di un’eterna giovinezza come modello da inseguire a tutti i costi, in cui malattia e morte, scompaiono. Nella famiglia patriarcale della nostra tradizione rurale, l’anziano è il punto di riferimento solido a cui poggiare e la sua presenza e la sua scomparsa vengono accettati come parte del processo naturale della vita che ha significato in ogni sua fase.
L’anziano è invece una risorsa tutta da riscoprire per i nostri giovani ed è per tale ragione che abbiamo promosso questo progetto unitamente all’Associazione Culturale “Ci Vuole un Fiore” per cui stiamo ricevendo adesioni da tutto il territorio marchigiano. I nostri giovani, sempre più disorientati e confusi, necessitano più che mai di punti fermi: forse la cultura del relativismo ha prodotto i risultati più inquietanti proprio su di loro. La cultura dello sballo, il disagio giovanile, la fragilità dinanzi alle prove della vita, ne sono i segni più evidenti.
Concretamente il nostro Centro procede nella sua piccola operosa semina, costruendo una rete di contatti e di relazioni con docenti e quanti operano nel mondo della scuola e del sociale, nel mondo giovanile come in quello degli anziani, lavorando sul fronte educativo e pedagogico. La sfida è alta ed il lavoro da fare è tanto. Non escludendo un impegno concreto anche per una formazione di etica politica.
Come piccola goccia nel mare il Centro Studi avanza, portando il proprio contributo nella società civile, attento ai cambiamenti ed aperto alle sinergie che anche da questo contesto odierno di crisi, potranno emergere per il bene del nostro Paese.
Saturnino Di Ruscio
Presidente Regionale del Centro Studi “Erasmo da Rotterdam”