Di solito quelli che invocano il rigore dei conti pubblici ed il pareggio di bilancio ricadono nella categoria della destra conservatrice. Io che di destra non sono credo invece che il pareggio di bilancio, introdotto quest’anno di in costituzione, sia di sinistra, perché finisce per tutelare i cittadini più deboli e promuovere l’equità tra le generazioni. Che cosa l’eccesso di debito abbia prodotto in Italia ed in altre democrazie è sotto gli occhi di tutti. Il meccanismo, semplice e perverso, prevede che una nazione giovane e con prospettive di aumento del reddito tenda quasi “naturalmente” ad indebitarsi in maniera insostenibile. E’sostenibile un debito che finanzi investimenti o servizi che nel lungo periodo contribuiscano ad elevare la produttività di un’economia in modo tale da consentirne il rimborso, attraverso l’aumento del prodotto e delle entrate fiscali. Infrastrutture effettivamente necessarie che riducano tempi e costi di produzione, servizi sanitari e sociali che allunghino la vita lavorativa, istruzione in grado di aumentare la produttività delle risorse umane sono tutti esempi di investimenti finanziabili con debito sostenibile. Che cosa è successo invece in Italia ed altrove? E’ accaduto che la classe dirigente, la politica ma non solo, maggioranza e opposizione, specie a partire dagli anni 80’, ha avviato una spirale del debito svincolata dai requisiti di sostenibilità e volta sostanzialmente a comprare consenso, elezione dopo elezione. La falla nel sistema è che governi o leader che durano in carica pochi anni (o mesi come nella nostra prima repubblica) possono spendere troppo senza curarsi delle conseguenze, caricandole sui governi e sulle generazioni future. Tanto più se l’opinione pubblica non vigila o viene drogata dalla sirena mediatica di un facile benessere. Nei periodi di spesa facile le elite e le burocrazie dominati tendono ad accumulare ricchezza e rendite di posizione in misura molto maggiore delle classi disagiate, rafforzando il proprio potere di interdizione delle riforme che tendano a ristabilire l’equilibrio dei conti pubblici. I poveri si accontentano generalmente delle briciole e dell’illusione che le cose andranno sempre bene. Quando poi arriva, come un ladro di notte, il redde rationem ed i creditori si innervosiscono sono proprio gli ultimi a pagare il conto più salato, schiacciati dal potere di lobby consolidate e con una salda presa sulla rappresentanza politica e sul sistema finanziario. Per questo una norma costituzionale che imponga il pareggio di bilancio, un Capo dello Stato ed una Corte Costituzionale super partes che la facciano applicare sono necessarie ad arginare questa miopia congenita delle democrazie rappresentative. Naturalmente il pareggio di bilancio non va inteso in senso ottuso. In periodi di ciclo economico negativo il debito può giocare un’utile funzione di stimolo della domanda ed un bilancio temporaneamente in deficit può essere consentito. Quello che la norma costituzionale può aiutare a rafforzare è l’imposizione di meccanismi “rigidi” di riequilibrio dei conti una volta superata la fase congiunturale negativa, contrastando la tentazione per il governo che incontra la ripresa di continuare a far debito, per non apparire più “cattivo” del precedente. Durante le fasi di aggiustamento, come sta accadendo in questi mesi, l’opinione pubblica accende i fari sugli sprechi e sui privilegi, favorendone la rimozione. In ottemperanza del principio di sostenibilità del debito è inoltre opportuno prevedere l’obbligatorietà dell’analisi costi-benefici della spesa in deficit, affidata ad autorità indipendenti e vincolante per il Parlamento. Questa analisi dovrebbe contribuire a selezionare la spesa, indirizzandola agli investimenti più remunerativi per la collettività. Un buon governo dovrebbe sempre avere nel cassetto piani di investimento e stimolo già istruiti e rapidamente attivabili, da lanciare all’inizio delle fasi negative del ciclo. Se le regole sono importanti, è tuttavia la maturità democratica di un popolo e della sua opinione pubblica che fanno la differenza. Speriamo che i tempi duri che attraversiamo le rafforzino.Luca Romanelli - www.lucaromanelli.it