Era l’autunno del 1884 quando dalle colonne de L’Ordine, futuro Corriere Adriatico, Filippo Pio Massi preconizzava per una giovane cantante, al debutto al “Cicconi” di Sant’Elpidio a Mare in un’accademia di canto accompagnata al pianoforte dal maestro Alessandro Cruciani, un fulgido futuro nel mondo della lirica. “E’ da queste Marche gentili che sale una stella per gli azzurri dell’arte trionfale?” scriveva il giornalista per Virginia Colombati, giovinetta di bel portamento anche se non molto alta, nata nel 1863 a Pergola da una famiglia di musicisti elpidiensi: il padre, Giulio Pompeo, fu prima cantante (voce di tenore poi baritono, che dissero “Wagner predilesse”) poi per anni maestro di cappella della Collegiata di Sant’Elpidio, un fratello fu organaro, il nonno, Vincenzo, fu primo direttore stabile del Concerto Filarmonico . Trasferitasi bambina a Sant’Elpidio dove il padre fu chiamato a dirigere la cappella musicale, proprio dal padre apprese i rudimenti della musica e fu avviata al canto nel coro della Collegiata. Il debutto su un palcoscenico nazionale avvenne nel 1886 al “Politeama” di Genova nella Lalla Roukh di F. David - opera di prima rappresentazione nella quale la giovane ebbe modo di far apprezzare il suo talento e la dolcezza della sua voce – e al “Nuovo” di Pisa, deduttante ne Un ballo in maschera di G. Verdi. Il corale apprezzamento le valse una scrittura per l’Inghilterra: a Londra la stampa la indicò come the coming Patti, l’erede dell’allora celebre Adelina Patti, uno dei maggiori soprano di coloritura dell’800. Nel 1889 fu prima voce nella Lucia di Lammermour di G. Donizetti al “San Giacomo” di Corfù. Ormai soprano di nome calcò i palcoscenici importanti di Roma, Venezia, e ancora delle Marche. Per tre stagioni fu fra le prime voci del “Quirino” di Roma, cantando ne I Puritani, nella Beatrice di Tenda, ne La Traviata, nel Barbiere di Siviglia. Per più sere ebbe l’onore del trionfo mandando il pubblico in vero delirio tanto da far scrivere al settimanale romano Il Cicerone “essa è una incantevole Lucia, una birichina Rosina, una appassionata Elvira, una sorprendente Gilda. Ma mai avea fatto gemere il pubblico sotto le spoglie di una Beatrice o della Traviata”. Era insuperabile nell’aria di bravura e nel canto appassioanto, per questo le si addiceva la grande scena. Da Roma a New York: per il soprano si aprirono le porte del “Metropolitan”, dove fu in cartellone al pari dei grandi soprano, e il suo autografo compare ancora oggi fra quelli degli immortali della lirica. Negli Stati Uniti conobbe James Akunia, che il 30 dicembre 1908 divenne suo marito. Non ebbero figli. Virginia Colombati lasciò così le scene e si ritirò a vita privata dedicandosi all’insegnamento del bel canto: troviamo il suo nome in diverse Accademie e come insegnante a New York del soprano di origine italiana Josephine Lucchese (1893-1974). Tornata in Italia, si stabilì definitivamente a Pergola dove nel frattempo si erano trasferiti da Sant’Elpidio i suoi fratelli e qui, senza eredi ma nel ricordo di tanti successi, morì in tarda età l’1 dicembre 1956.
Giovanni Martinelli