Una Provincia non è mica un condominio che si può smantellare con un atto amministrativo. Una Provincia è una istituzione della Repubblica, da scrivere con la P maiuscola, da rispettare al pari dei Comuni, delle Regioni e dello stesso Stato. E' tutta qui la battaglia di Fabrizio Cesetti, primo presidente della nuova Provincia di Fermo eletto dai fermani, oggi in prima linea per evitare una riorganizzazione degli enti locali che grava solo sulle spalle dei cittadini. Qualcuno potrebbe obiettare che è la solita politica che difende le solite poltrone. “Una poltrona tutt'altro che comoda, dove si lavora ogni giorno dell'anno per 2100 euro al mese. Quella che difendo io è una istituzione che eroga servizi fondamentali per i cittadini. Settembre è alle porte, ci occuperemo tra l’altro della sicurezza degli edifici scolastici, delle strade, dei fiumi, dei problemi dell’occupazione, della crisi delle imprese. Vi sembrano cose da poco? C'è chi pensa invece prima a delegittimare le province e poi ad affamarle, negando quest'anno 500 milioni di euro, un miliardo l'anno prossimo, il tutto a bilanci già approvati. Per noi significa che nei prossimi cinque mesi dovremo tagliare qualcosa come 300 mila euro al mese, se si procede di questo passo il risultato sarà la morte definitiva degli enti provincia, altro che riordino”. Cesetti torna alla Costituzione, per chiarire che si cerca di aggirare la carta fondamentale della Repubblica italiana, arrivando di fatto alla cancellazione delle province. In che modo? “Quando si stabilisce di eliminare l'elezione diretta del presidente, si tolgono competenze e si cancellano risorse, di fatto la sorte è segnata. Per questo dobbiamo reagire oggi, tutti insieme, e il ricorso alla Corte Costituzionale non è per niente un atto formale. È l'unico modo che abbiamo per dire che le province non possono essere spazzate via con un decreto legge che tra l’altro rinvia un atto amministrativo, da un Governo che nessuno ha mai eletto. Uno strappo simile alla Costituzione è un vero 'attentato' alla democrazia, si mina l'architettura stessa del Paese così come delineata dai costituenti”. Dunque, che cosa si può fare oggi? Hanno senso gli appelli alla mobilitazione? “L'unica cosa da fare è insistere fino in fondo perché venga dichiarata l'incostituzionalità dell'atto deciso a Roma, da parte nostra abbiamo dato mandato all'avvocato Ortenzi di valutare la questione e verificare se sussistono le condizioni per ricorrere al Tar del Lazio, contro i criteri stabiliti dal Governo con un atto amministrativo, nel contempo per porre la questione di legittimità costituzionale in via incidentale, come stanno pensando di fare anche altri. A maggior ragione potrebbero proporre analogo ricorso i 40 comuni della Provincia di Fermo, ancora più legittimati dall'articolo 133 della Costituzione a protestare per una prerogativa, quella della modifica dell'assetto istituzionale delle province, che viene loro negata”. Intanto, il Cal è chiamato a decidere in fretta e allora, che si può fare? “Considerato che già il 25 luglio il Cal Marche ha votato all'unanimità la richiesta alla Regione di procedere col ricorso alla Corte Costituzionale, io credo che sarà necessaria una riflessione circa la necessità o meno di procedere alla formulazione dell’ipotesi di riordino, in attesa della decisione della stessa Corte Costituzionale. Occorre essere coerenti, nel caso in cui la Corte costituzionale dovesse decidere per l'illegittimità, che facciamo, rimettiamo insieme i cocci di un territorio che si è ormai lacerato? E ancora, se il Cal desse corso all'ipotesi di riordino, non potrebbe essere interpretato come sostitutivo dell’iniziativa dei comuni necessaria per modificare l'assetto delle province, stabilita dalla Costituzione?”. Intanto il territorio che sta discutendo attorno alla questione, come fosse una prova di forza. “Io credo che non sia questo l'atteggiamento giusto. Se la Corte costituzionale dovesse ritenere legittimi i provvedimenti legislativi che ci interessano, ma non lo credo, ci sarà da costruire una nuova provincia, con un nuovo nome che dovrà nascere dalle ceneri delle attuali tre province. Una provincia che non avrà alcun peso, i cui organismi non saranno eletti dai cittadini, con competenze e risorse limitate. Nel costruire questo ‘ente di secondo grado’ dovremo dimostrare di avere davvero a cuore l'interesse dei cittadini, anche nella scelta del capoluogo e non è per niente scontato che tocchi ad Ascoli”. Angelica Malvatani