Bolkenstein ricorda troppo facilmente Frankestein, e l’assonanza aiuta i nostri concessionari di spiaggia e coloro che bramano i loro voti (pressoché tutti) a dipingere la Direttiva Europea del povero Commissario (peraltro recepita dal Parlamento Europeo ed Italiano) come un affamapopolo che mette sul lastrico 30.000 famiglie. Il potere delle immagini e degli stereotipi, si sa, è molto forte. Ma quali sono i termini reali della questione? Vorrei contribuire ad una riflessione meno emozionale. La Direttiva Bolkestein ha il fine di aumentare la concorrenza nei servizi, che fanno il 70% del PIL europeo. Quindi è una liberalizzazione, per il bene comune. Una di quelle che tutti vogliono a meno che non tocchi i propri interessi. In Italia le spiagge, che sono un bene di valore economico primario, sono state di fatto privatizzate e cementificate in maniera selvaggia, come ognuno può verificare scendendo a P.S. Giorgio. Una volta c’era il bagnino con le cabine e gli ombrelloni, e dal lungomare si vedeva il mare (appunto). Il bagnino pagava il canone (modesto) e affittava gli ombrelloni a prezzi accessibili. Poi il bagnino è diventato imprenditore e ha ottenuto dalla politica quanto segue: 1. che il rinnovo della sua concessione sia automatico, per cui di fatto, le concessioni (che sono un bene naturale scarso) possono essere cedute a titolo oneroso; 2. la possibilità di costruire strutture NON RIMOVIBILI (alcune dei quali degli ecomostri), prolungando a 20 anni la durata della concessione; 3. la possibilità di gestire bar, ristoranti e di fatto discoteche, quest’ultime in barba ai requisiti igienici e della normativa europea e nazionale sull’inquinamento acustico; 4. un canone di locazione molto basso, fissato dai politici, che si stima nel 5% del volume d’affari, contro il 30% medio di qualsiasi altro esercizio commerciale che non usi suolo pubblico. Molti, specie a Sud, non si curano neanche di pagarlo, il canone. E’ successo anche a Lido giorni fa e il Comune ha sudato le sette camicie per riavere la concessione. Quindi, insomma, un bell’”acchiappo” come si dice a Roma. Tutto questo non esiste minimamente nelle altre spiagge europee, a partire dalla Spagna, che ha moltissimi più turisti balneari che l’Italia. A fronte di questo, diranno, sono aumentati i servizi in spiaggia. Vero, ma il risultato è opinabile, lo riconosco. A me piaceva più prima. Il caos e le brutture di oggi proprio non le sopporto. A fronte di questo mi piacerebbe vedere le statistiche delle dichiarazioni dei redditi dei concessionari, per sapere quanto contribuiscono al bilancio pubblico. Ma che vuole la Commissione Europea dai concessionari, aprendo la procedura di infrazione contro l’Italia? Che dopo un certo periodo le concessioni vengano rimesse all’asta con i seguenti vantaggi per la collettività: 1. adeguamento dei canoni al valore di mercato, con vantaggi per le casse pubbliche, 2. ricambio imprenditoriale e apporto di nuove competenze e risorse nella gestione dei servizi. Questo si chiama concorrenza, e sembra tanto più dovuto quanto più si parla di un BENE PUBBLICO. Non vi pare naturale?
Luca Romanelli - – www.lucaromanelli.it