Sono partito per un viaggio di due settimane negli Stati Uniti e in vari paesi del Sudamerica munito di una robusta assicurazione sanitaria. Nel caso qualche batterio sconosciuto si insinui non voglio che mi lascino per strada. La cara Maureen di Eleuterio, a cui Cristina ed io abbiamo affidato nostro figlio per un periodo di studi, è Direttore del Personale di un’impresa con oltre 400 dipendenti, che si occupa solo di riscuotere le fatture di alcuni ospedali dell’area di Philadelphia. Le procedure sono onerose sia per il rispetto della privacy che per gli insoluti. Mi parla dei costi generali enormi della sanità americana che si aggiungono a quelli delle cure. Una sanità avanzata ma solo per pochi (una buona poliza sanitaria può costare intorno ai 20 mila dollari all’anno) e molti milioni di cittadini senza copertura. Nel sistema pubblico italiano (ma anche francese e di molti altri paesi europei) non esistono eserciti di esattori né compagnie assicurative che devono assicurare profitti agli azionisti. Il Servizio Sanitario Nazionale ci costa circa il 7% del PIL, quasi la metà degli Stati Uniti, un terzo in termini assoluti. L’aspettativa di vita in Italia è tuttavia più alta che negli USA.
Il mio ritrovato compagno di studi americani Fernando Berguido, che ha diretto a lungo il quotidiano più diffuso a Panama, la Prensa, lotta ora contro la leucemia. Ha iniziato le cure a Houston. Lì si è sentito come un corpo immesso in una catena di montaggio dove il lavoro dei medici è parcellizzato e costretto in rigide (e rapide) tempistiche. Ora ha scoperto che ad Anversa offrono cure avanzate, basate sui progressi della genetica, ad una frazione del costo (paga in quanto non residente). I dottori inoltre trovano il tempo di sedersi a parlare con lui, con calma. La sanità italiana non è indenne da difetti, specie al Sud: corruzione, menefreghismo, parassitismo della politica, baronie dei medici. Tuttavia si dimostra un sistema in grado di fornire buone cure ad una gran parte del Paese, a costi ragionevoli e senza discriminazioni. La presenza di un’offerta privata di qualità (se non è quella degli Angelini e dei Tarantini) può dare un contributo, anche se la recente crisi di un “eccellenza” come il San Raffaele sembra dire il contrario. La regionalizzazione della gestione ha avvicinato i centri di decisione alla gente, aumentando le possibilità di controllo sugli sprechi e sulla manomorta dei partiti. Il Servizio Sanitario può migliorare ancora se l’opinione pubblica, gli amministratori, gli iscritti ai partiti, il volontariato, le reti di cittadini come il Centro Studi Carducci ed il Rotary sapranno vigilare e stimolare. La Provincia di Fermo avrà presto un nuovo ospedale e spero un nuovo modello di gestione dei servizi, più reticolare, adatto ad un territorio frammentato, che sfrutti l’enorme potenziale della telematica per compensare con l’efficienza e la personalizzazione il costo crescente delle cure. Dipende da noi. La Sanità pubblica funziona meglio se la sentiamo come nostra. Luca Romanelli – www.lucaromanelli.it