Care amiche, innanzitutto mi rammarico di non disporre, per molte di voi, dell’indirizzo di posta elettronica, per cui mi adatto ad inviare la presente all’indirizzo del vostro consorte che potrà girarvi la presente; inoltre ho scelto di spedirvela quando è sera: non vorrei certo che il mio piccolo augurio preceda quello dei vostri compagni. Vi scrivo queste brevi parole (poche, e anche male assortite) vincendo una certa esitazione dovuta al timore di cadere nella troppo facile retorica di chi solo oggi si ricorda della donna che ha al proprio fianco e delle tante donne con cui si imbatte ogni momento mostrando un po’ di attenzione di circostanza e prodigandosi in smancerie magari condite da qualche rametto di mimosa [talvolta accompagnata dalla malcelata attesa che le esponenti del gentil sesso cadano ai propri piedi presso-ché tramortite da tanto irresistibile galanteria maschile!). Ebbene, se alcune di voi dubitassero che anch’io possa indulgere a qualche simile comportamento da maschilista incallito, desidero subito fugare con tutte le mie forze il minimo dubbio in proposito. Ciò per me è una necessità preliminare, sperando non solo che la presente non sia cestinata ancor prima d’esser letta, ma soprattutto sperando di non esser da voi omologato in tutta fretta alla gente suddetta, tanta e a tratti prevalente (cfr. larga parte degli uomini che per il solo fato di ritenersi in carriera credono sia tutto loro dovuto). Io, di contro, reputo fondamentale non dare mai nulla per scontato, mentre nutro il massimo rispet-to: soprattutto per la donna in quanto tale, molto prima che per le sue enormi potenzialità, per il ruolo essenziale che ella svolge sapientemente in società, sui luoghi di lavoro, in famiglia, ecc. ecc. Sì, credo che oggigiorno si sorvoli troppo facilmente su questo giusto e doveroso rispetto; comunque, voglio anche precisare che con questo termine non voglio certo validare un atteggiamento di sterile o bigotto distacco dal mondo femminile, che per noi uomini è l’essenza stessa della ragione, prima che della gioia di vivere, è l’essenza [ma non deve mai esser l’”oggetto”!] delle nostre passioni, della voglia di amare e di essere amati. In una parola penso fermamente che per noi uomini la donna è l’essenza stessa della bellezza e della felicità! Tuttavia, se su quest’affermazione ho motivo di ritenere di essere in buona compagnia, sino a poter apparire lapalissiano, è sul concetto di bellezza e di felicità che voglio spendere qualche parola. Sì, perché ritengo che nell’odierna società consumistica si è lasciato con esagerata disinvol-tura che tali concetti positivi, dapprima sommi ed universali (in quanto riconosciuti positivi da tutti, indipendentemente dalle diverse razze, culture,…), fossero sviliti da un arrogante, bieco e autorefe-renziale relativismo che avanza sempre più e la fa da padrone, fino a ridurre tutto entro parametri meramente soggettivi! A scanso di equivoci, provo a spiegarmi meglio: a mio avviso, secondo la maggioranza dei giovani d’oggi bellezza e felicità non sono più un beni assoluti, bensì relativi, per cui, ad es., non è bello ciò che veramente lo è di per sé stesso, ma solo ciò che è tale per me, al momento, ovvero ciò che ora a me piace (o “me piace” per chi volesse declinarlo alla romana, con buona pace di Proietti …non intendo appropriarmi di un po’ di humor gra-tuito). Ma se approfondiamo meglio ci rendiamo subito conto che in realtà ciò che mi piace è ciò che: al momento mi va, mi aggrada …dato che mi è utile, ovvero ciò che mi pare, o che mi fa como-do, …salvo poi a …cestinare con altrettanta disinvoltura quanto un momento fa si è rivelato grade-vole solo perché, a ben guardare, mi sembra si profili un’altra cosa [!!] o un’altra opportunità che mi sembra divenuta più piacevole, al momento… Decisamente, credo sia meglio interrompere questo argomentare, anche per non esser tacciato di perbenismo a buon mercato, ma quasi ogni giorno constatiamo come la donna sia, nell’imperante indifferenza (cioè, come se la cosa fosse normale), trasformata: da soggetto (di diritti, di considera-zione, di sentimenti, ecc., cui donare sé stessi e il proprio amore) a semplice oggetto (ad es. dei ns. desideri) utile, di cui perciò si ritiene normale farsi strumento (=“utilizzare”), per raggiungere i propri scopi, il piacere, le proprie comodità (fossero anche banali, come ad esempio ricevere assistenza),... Quindi, si badi bene, il mio pensiero non è riconducibile a moralismo retrogrado o retrivo, che sarebbe negativo, come sono sempre stati negativi tutti gli …ismi; desidero semplicemente ricordare: oltre all’innegabile importanza delle mille doti femminili, anche fisiche (che non mancano di intrigare noi maschetti …fino a farci perdere la testa, e per le quali non ringrazieremo mai abbastanza il Signore!), le infinite e sublimi capacità della donna, per lo più custodite nell’animo, doti che non di rado dal sesso <forte> sono considerate in modo sbrigativo o con una certa sufficienza, ma che spesso affiorano denotando qualità intrinseche sovente superiori a quelle maschili. Basti ad es. pensare alla maggiore sensibilità della donna, ovvero alla sua maggiore capacità di amare, o oppure di voler bene (qualcuno accredita alla donna anche maggiore capacità di odiare). Quindi, come vedete, io non relego certo la grandezza della donna al fatto (pur vero) di essere al centro del mistero della vita e della speranza di futuro per l’umanità, ma non mi limito certo ad enfatizzare solo questo ruolo così centrale, per es. nell’ambito del nucleo familiare: no!, mi preme rivendicare fortemente il ruolo enorme della donna in società, nelle professioni, nel mondo della cultura, del lavoro, e così via. Credo di aver sin troppo abusato della vostra pazienza (anche se la gran maggioranza di voi da un pezzo avrà dato un taglio alla presente lettura), pur essendovi tantissimi altri aspetti da mettere in luce, e non essendo bello per me enunciare da solo le mie opinioni (diverso sarebbe se si interagisse in una reciproca dinamica relazionale), con le quali, sottolineo, non ho la minima pretesa di convincere e forse neppure di influenzare gli altri, mi autocensuro. Per tornare, prima di salutarci, all’odierna ricorrenza che mi ha portato a scrivervi, vi confido che personalmente credo che: più di chi si affanna a spedire in gran numero SMS, MMS e rametti gialli all’altra metà del cielo, sia apprezzato da voi donne chi sa sorprendervi con qualche attenzione particolare, con segni di affetto che dimostrano che siete al primo posto nei suoi pensieri. Ad es. penso che abbia iniziato bene l’8 marzo chi, levatosi di buon’ora, abbia preparato con le sue mani qualcosa di carino alla compagna (mi viene in mente una cioccolata, abbinandovi: se si è superchef una brioche da sfornare al momento, se si è incapaci, come di solito, sarà più pratico ricorrere ai biscotti), a cui lo abbia donato con tutta la carica della propria affettività… Concludo la presente porgendo a tutte voi, insieme ad un bacio (sulla mano), il mio vivissimo augurio affinché ogni vostro desiderio trovi presto compimento, ed un dolce, cordialissimo saluto.
Venafro, 8 marzo 2008 Placido Busico